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Confessioni maschili sul corpo delle donne

29 Ottobre 2010
Pubblicato su "Leggendaria" n. 83
di Silvia Neonato

Il più impressionante forse è Francesco Recami (“Prenditi cura di me”). È probabilmente il primo, almeno in Italia. a raccontare senza veli lo sgomento di un maschio quarantenne, Stefano,figlio unico e separato dalla moglie, a cui tocca tra capo e collo l’assistenza della madre vedova colpita da ictus.
Come è prevedibile quel corpo malato e seminudo lo spaventa e lo respinge. Per non dire dello sgomento di fronte al cambio di pannoloni cui segue però un’ammissione sconcertante: se i suoi amici sapessero che lui cambia la madre, lo deriderebbero. Stefano, che punta ai risparmi della madre più che al suo affetto. rimpiange di non avere una sorella. “Se ne sarebbe dovuta occupare lei, come succede in tutte le famiglie, è una cosa che alle donne riesce meglio, se la sanno cavare e rientra nelle loro prerogative. I maschi non sono fatti per occuparsi dei vecchi, loro devono andare in giro a lavorare. Che cazzo ne sa un maschio degli anziani? perché deve perdere tempo a stargli dietro?”
Recami non è l’unico scrittore italiano a scoprirsi, anche se tanta chiarezza è rara. Impressiona anche Amedeo Romeo (“Non piangere coglione”) che già a pagina 5 ci avverte sui propri gusti particolari. “Io – scrive – di fronte a una donna dal sesto mese di gravidanza in poi perdo il controllo. È l’unico caso in cui la sola vista di una donna riesca ad eccitarmi. Sento un impulso irrefrenabile, la voglio baciare, toccare e scopare”. Il suo romanzo racconta di Andrea, pazzo per le donne incinte, ma che ha in realtà il terrore di diventare padre, tanto che molti anni prima lasciò la sua ragazza appena saputo che era incinta.
Ora impazzisce solo al sentire l’odore della crema contro le smagliature, che riconosce tra mille e quando incontra Lena, alla trentasettesima settimana di gravidanza, perde la testa e finisce per trasferirsi da Milano a Genova nell’appartamento che lei stessa gli fa affittare davanti al proprio. Il loro erotismo è scatenato, attendono che il marito di lei esca per poi amarsi con passione non priva di qualche maldestra tenerezza.
A differenza di Stefano che. indaffarato e isterico nel traffico di Firenze, deve accudire la madre tra una consegna e l’altra (vende vino), Andrea consuma i propri scarsi risparmi e non fa assolutamente nulla se non stare seduto in cucina ad aspettare Lena. Ogni tanto torna a Milano come se volesse ritrovare un proprio filo, ma poi eccolo di nuovo a Genova, in passiva attesa di quella donna che quando le dice “ti amo”, gli risponde “non dire stupidaggini”. Comunque finisce in sala parto con Lena e quando nasce Ada scoppia in lacrime, disperato di non aver partorito lui (“come se mi stessero portando via mia figlia. Come se avessi capito che la vita era un’esplosione dirompente, ma che io al più potevo sperare di passarle accanto).
Il finale di Romeo aggiunge sorpresa a una lettura molto piacevole. E lo stesso vale per Recami, con la sua scrittura cristallina e precisa nel raccontarci un oggi fatto di badanti straniere, solitudini, figli unici, città estranee. I due romanzi di Recami e Romeo incuriosiscono dunque per quella esplorazione temeraria del corpo femminile (anziano e gravido) a cui la lettrice è poco abituata e stupiscono per il mettersi a nudo dei due protagonisti: due marginali, è vero, maschi che nel mondo sono a disagio e che, grazie a questa sorta di difetto d’origine, si consentono una riflessione originale su di sé e sui propri rapporti con le donne, madri, amanti o mogli.
Aggiungerei “Eros terminal”, il romanzo in cui Olivero Beha racconta di un Innominato piacevole signore che fa le pubbliche relazioni. Lui non è un fallito, ma sta invecchiando e questo lo spinge a diventare un compulsivo esploratore di corpi femminili. In breve: l’ex piacevole va a letto in maniera seriale con qualunque donna incontra. Qual è la novità? La sincerità, la consapevolezza speciale con cui l’Innominato esplora il rapporto tra sesso e potere, fino a scoprire che l’antidoto non gli serve a sfuggire alla paura della morte. Tanto più che nel romanzo di Beha il mondo è ormai in bilico sul baratro, scarseggiano acqua e ossigeno e la metropoli sembra quella di Blade Runner.
Tre scrittori da segnalare, insomma. Con una menzione speciale a Recami che è anche, come dicevo, il più realistico nel racconto di un’Italia che invecchia e in cui ciascuno si arrangia come può. Come le donne sanno fin troppo bene.

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