Non è famosa come Gianna Nannini, ma anche una signora di Cagliari di anni 52 ha, proprio in questi giorni, partorito felicemente una bambina. Dopo dieci anni di tentativi, bombardamenti ormonali e delusioni cocenti. E un’altra donna di 49 anni, della provincia di Oristano, già nonna, ha dato alla luce un secondo figlio in seguito a un concepimento del tutto naturale (La Nuova Sardegna, 30 agosto).
In Sardegna pare ci sia la più alta percentuale di mamme over 40, anche se il presidente della Società italiana di ginecologia ci assicura che dopo i 50 le possibilità di rimanere incinta, sia naturalmente che con la fecondazione assistita, sono una su cinquecentomila (Il Salvagente, 25 agosto).
La discussione sulla maternità di Gianna Nannini è stata intensa soprattutto sui blog e ha diviso i fans della cantante. Il Corriere della sera ha aperto un dibattito. Un “rompicapo etico-rock” lo ha definito Maria Luisa Agnese che si chiede se sia egoismo o generosità a motivare la sfida contro “l’ingiustizia genetica” che consente solo agli uomini di avere figli in tarda età (25 agosto).
E’ “una cosa per vip” avere un figlio a 54 anni, osserva Isabella Bossi Fedrigotti, ma vedrete che il costume di pochi privilegiati in breve diventerà di molti, (e la Sardegna insegna). E poi, aggiunge, una cinquantenne di oggi ce la può fare (25 agosto). “Meglio avere un figlio a 50 anni che nessun figlio” commenta Melania Rizzoli, la quale, essendo deputata, non dimentica le responsabilità del ruolo e quindi aggiunge: “vista la situazione demografica del nostro paese”.
La differenza d’età? Non è un problema, dice Camilla Baresani, “c’è gente che è nata vecchia”. E anziani con la gioventù nel cuore. L’etica non c’entra, sostiene Anselma Dell’Olio, il problema è la salute. Il bombardamento ormonale può essere all’origine di cancri galoppanti (26 agosto). A questo proposito Il Foglio (28 agosto) segnala un documentario americano, “Eggsploitation”, che racconta il calvario sanitario di molte giovani donatrici di ovuli, che rischiano, a intervento effettuato, di diventare sterili, malate o morte.
Insomma: la sfida all’ “orologio biologico” è pericolosa per sé e per le altre. Oltre che per il figlio/a che avrà una madre nonna, per quanto giovanile. Difficile dare torto a Silvia Vegetti Finzi che, sempre sul Corriere (28 agosto), avverte che una cosa è il “tempo sociale” e un’altra il “tempo biologico” e che i due non coincidono. Ed è inutile rassicurarsi con l’avanzamento dell’aspettativa di vita: “si prolunga la vecchiaia piuttosto che la giovinezza” dice. Spietata. E’ un fatto questo con cui tutti, noi donne innanzitutto, dobbiamo fare i conti.