Laura Eudati ha ripreso su “Gli Altri” i contenuti del documento di un gruppo di donne intitolato “Di Nuovo”, in cui si afferma tra l’altro la necessità di “un pensiero, una riflessione che riguardi i due
sessi, gli uomini e le donne. La miseria maschile – vi si legge – non costituisce una maggior forza delle donne. Tutt’altro. Il rapporto tra i sessi non è a somma zero”.
Penso che, per affrontare e superare l’attuale crisi della politica, su cui anche il testo “Di Nuovo” si esprime, sia necessario sperimentare nuove pratiche politiche tra uomini e donne, il più possibile consapevoli di quanto è cambiato in questi decenni soprattutto per l’azione del femminismo, e di quel più generale moto di liberazione che ha visto e vede protagonista il mondo femminile, non solo nei paesi occidentali.
Dunque è importante che su questo gli uomini comincino almeno a esprimersi, senza dimenticare che spesso alle intenzioni dichiarate non sono seguiti comportamenti conseguenti .
E’ vero che la politica maschile – ed essendo io un uomo di sinistra ho particolarmente presente ciò che riguarda questa parte – non è stata sostanzialmente capace di comprendere le innovazioni pratiche e teoriche che l’esperienza del femminismo ha prodotto, di giovarsene ai fini di un rinnovamento necessario, e che questa è una delle ragioni di fondo per cui si è prodotta una crisi radicale nella sua capacità di produrre senso.
La struttura simbolica in cui siamo finora vissuti – possiamo chiamarla per comodità “patriarcato” – è stata del tutto sconvolta da questo mutamento, e non vederlo, a mio avviso, produce un generale offuscamento nella capacità di leggere e comprendere la realtà.
La “miseria maschile” di cui si parla nel testo è, credo, un effetto diretto di questa distanza sempre maggiore dalla realtà, dopo il fallimento delle “visioni del mondo” che sono state alla base della dialettica politica novecentesca, opposte per quanto riguarda le idee sulla società (socialismo e comunismo contro i fascismi e le visioni liberiste e liberali del capitalismo) ma accomunate dalle matrici maschili. Non è un caso quindi che questa “miseria”, questo drastico precipizio dell’autorità, nel senso di autorevolezza, si manifesti sia al vertice della politica, sia nella chiesa, sia in tanti aspetti della vita civile, come espressione anche di una specifica miseria della sessualità maschile.
Non credo, per tornare ad alcune delle tesi del testo “Di Nuovo”, che tutta la vicenda delle avventure erotiche, per lo più a pagamento, del premier e di altri personaggi, così come lo scandalo della pedofilia tra gli ecclesiastici, siano state e siano vissute sotto il segno prevalente della “acquiescente indifferenza”. Veronica Lario e Patrizia D’Addario non saranno da additare come “eroine”, in ruoli pur molto distanti e diversi, e tuttavia le parole pronunciate dalla ex moglie di Berlusconi – “ciarpame senza pudore” – restano incise nel discorso pubblico e rivelano di giorno in giorno una verità che accompagna il declino del “berlusconismo” (altra questione è quello che potrebbe venire dopo…). Mentre il volto pallido e triste della D’Addario incarna un perturbante che a suo modo interroga le nostre coscienze (maschili e femminil) e che non per caso suscita reazioni scomposte – e un po’ ridicole, ma si sa quanto il ridicolo possa essere espressione di disagio – anche quando si affaccia in una manifestazione della sinistra.
E’ necessario discutere, e farlo con la chiarezza e la precisione maggiori. Le firmatarie di “Di Nuovo” si collocano criticamente sia rispetto all’uso troppo strumentalmente “antiberlusconiano” che di queste vicende ha fatto una parte della politica e dell’informazione (il “partito di Repubblica”, per intenderci), con il contributo e l’adesione di numerose donne, sia rispetto alle posizioni del femminismo italiano che ha segnato più radicalmente il taglio rispetto alla politica istituzionale.
Questo dibattito acquisterebbe maggiore pregnanza se si facessero nomi e cognomi, e se si puntasse soprattutto agli scambi possibili, certo senza rimuovere differenze, distanze, conflitti. Per quanto mi riguarda mi limito a segnalare il fatto che anche sulla ricerca di nuove relazioni tra uomini e donne, e tra uomini meno distratti sulla differenza dei sessi, non si parte da zero. Una discussione e una serie di pratiche sono aperte da almeno un decennio, precedute da percorsi ancora più “antichi”. Ricordo uno scritto di Lia Cigarini – “Due sessi, un mondo”, sul numero di Via Dogana del settembre 2001, intitolato “E gli uomini?” – sulla attualità delle “relazioni di differenza” tra uomini e donne, in una fase in cui il separatismo femminile non poteva più essere considerato dalle donne l’unica pratica possibile.
Nel 2006 un testo firmato da centinaia di maschi ha posto il tema di una maggiore consapevolezza degli uomini delle proprie responsabilità per la violenza contro le donne (e le cronache di questi giorni ci dicono quanto resti attuale il tema). Ne è nato lo sviluppo di una rete di singoli e di gruppi maschili ( con un punto di riferimento, tra gli altri, nell’associazione “maschileplurale”) che su questo tema (e su molti altri relativi al mutamento della “maschilità”) ha agito e agisce concretamente, in relazione con i centri antiviolenza e tante altre realtà organizzative e istituzionali.
Forse è tempo di tentare un primo bilancio di queste concrete esperienze e della elaborazione politica e teorica che hanno prodotto nel tempo. E’ vero che c’è una qualche empasse rispetto alla capacità di costruire un diverso e visibile discorso pubblico e politico. Credo che sia anche limitante, però, concentrare prevalentemente l’attenzione – come mi sembrava dall’articolo di Eudati – sull’urgenza di una capacità di incidere al livello del “potere” politico. Il femminismo, i femminismi dell’ultimo mezzo secolo hanno dimostrato proprio che le cose si cambiano, e molto, certamente non solo per via istituzionale e legislativa. Anche se ciò non significa ignorare o rimuovere questo livello: se lo si affronta, però, certo non è possibile prescindere dal discorso e dalle logiche (la rappresentanza, i partiti, il sistema istituzionale) che lo “ordinano”, pure se oggi siamo qui di fronte al massimo “disordine” e alla più acuta crisi di senso.