Amel, l’araba col burqa (che poi è un niqab, cioè un velo che lascia scoperti solo gli occhi) multata a Novara, è una ragazza di 26 anni. Davvero carina, scrive Egle Santolini (La Stampa, 5 maggio) che l’ha incontrata nella sua abitazione: “occhi grandi, belle labbra spesso sorridenti, lineamenti infantili e delicati”, vestita con un pullover rosso “piuttosto civettuolo, gambe coperte, calzini vezzosi”.
E’ tunisina, vive in Italia da due anni con il marito muratore e ammette di uscire di casa solo per andare il venerdì alla moschea, (“neanche al supermercato vado, ci pensa mio marito”). Amel dice che il niqab è un precetto religioso ed è una sua libera scelta rispettarlo. Si occupa della casa, cucina per il marito e usa disinvoltamente Internet e Skype. Tramite la webcam parla con i familiari a Tunisi, su Internet cerca soprattutto i siti delle ricette di cucina. Il marito, attualmente senza lavoro, è preoccupato dei 500 euro di multa comminati dall’ordinanza del sindaco Massimo Giordano (Lega Nord, rieletto con il 61% di voti e ora anche assessore regionale).
Che farà d’ora in poi la moglie?
“Starà a casa, se questa è la legge in Italia” (Corriere della sera, 4 maggio). In realtà un’ordinanza non è una legge e una sentenza del Consiglio di Stato ha precisato che coprirsi il volto per motivi di tradizione e religiosi è “un giustificato motivo” e non rappresenta un reato, mentre lo è “rendere difficoltoso il riconoscimento in luogo pubblico senza giustificato motivo”. Chiarisce l’aspetto giuridico il sindaco (Pd) di Padova, Flavio Zanonato (padova24ore.it, 10 maggio) che pure auspica una legge ad hoc, ma osserva che “se con la multa a chi porta il burqa ottengo l’effetto di far rimanere chiuse in casa alcune donne islamiche, non ho ottenuto l’effetto giusto”.
In Francia, sull’esempio del Belgio, primo paese occidentale che ha vietato il velo islamico integrale, si è votata all’Assemblea nazionale la risoluzione che condanna il burqa in nome dei “valori della Repubblica”. In Svizzera è all’ordine del giorno il bando del velo integrale, eccezion fatta per le turiste del Golfo, dice la ministra per la Giustizia. Ma le socialiste svizzere, verdi e cristiano sociali sono contrarie a un divieto “puramente populistico” (Corriere del Ticino, 7 maggio).
Da noi i sindaci leghisti risolvono la questione a colpi di ordinanze. Infatti dopo Novara e Varallo è il turno del comune biellese di Cossato (Il Giornale, 7 maggio). Il fatto è che in Italia non c’è il “coraggio” di avviare una vera discussione. A sinistra “c’è paura di passare per razziste”, ha scritto nel suo blog (panorama.it) la studiosa iraniana Farian Sabahi.