Va bé. Maria Laura Rodotà auspica per quelle del “pensiero della differenza“ l’impiccagione sulla pubblica piazza. Pazienza. Altre hanno già risposto a dimostrazione che le donne possono avere opinioni diverse. E divergenti.
Dunque solo una o due osservazioni. M. L. Rodotà ci racconta e probabilmente immagina il femminismo come una massa compatta di donne che non amava ragionare, avere dei pensieri, trasformarli in azioni. Il femminismo (secondo la reazione del vecchio, caro cane di Pavlov) avrebbe avuto in testa solo alcuni obiettivi. Per le donne, con le donne.
Così non è mai stato. Ci si è divise, abbiamo questionato. Trovato punti in comune, fatto pace e riaperto conflitti. Ne sono testimonianza i luoghi messi su dalle donne, i libri, le riviste, la sapienza accumulata. Il rapporto con quegli uomini che mostrano gratitudine per le pratiche politiche femminili.
Quanto agli obiettivi, M. L. Rodotà li conta nemmeno sulle dita di una mano. Quote sul lavoro (ma che saranno, 40 e 60 nel Pubblico Impiego, 50 e 50 in magistratura?) e asili nido. Principalmente il femminismo si sarebbe connotato per “il diritto a interrompere la gravidanza“. Bisogna sul serio ripetere che l’aborto non è mai stato un diritto?
L’aborto non fu una conquista. Nemmeno un diritto. Non rendeva più libere. Anche se qualcuna si sentiva più leggera e un’altra più incupita. Anche se si superava il rischio e la solitudine della clandestinità. Questo ce l’avevamo chiaro. E non abbiamo cambiato idea. Perché dunque trasformarci in “mammane“, se pur con buoni scopi?
Su una cosa M. L. Rodotà ha ragione. Il femminismo italiano non si è voluto sporcare le mani con il “politicamente corretto“. Che troppi guai aveva fatto e continua a fare. Abbiamo avuto paura di venire considerate delle moraliste, delle bigotte. Ma evidentemente nessuno è perfetto.
Infine: da almeno venti anni sento dire (da donne guarda caso più che da uomini) che il femminismo, invece di occuparsi delle altre, di organizzare delle belle e colorate manifestazioni, di “uscire dal silenzio“ e marciare magari inalberando vessilli e cartelli contro Berlusconi e le sue intemperanze sessuali via escort, si è perso in discussioni inutili e vacue.
Per colpa “del pensiero della differenza“ il femminismo ha finito per guardarsi l’ombelico. Ma se poi Maria Laura Rodotà deve ancora scrivere di questo vituperato “pensiero della differenza“ le cose mi sembra non siano andate poi così male.