Messaggio della Associazione Femminile Maschile Plurale e delle donne CGIL e SPI CGIL
alle donne dell’OMSA di Faenza
Siamo donne che, con alcuni uomini, stiamo da anni conducendo attività di studio e riflessione sulla storia e il pensiero delle donne e sulla cultura dei generi nel corso del tempo.
E, non a caso, di fronte a una mondializzazione che tocca ogni aspetto della umana esistenza e che sta segnando la storia presente con forme e tensioni spesso sconvolgenti, ci stiamo interrogando, nel contesto di una attività seminariale in svolgimento in queste settimane, su una delle più grandi questioni della modernità: la storia delle donne fra lavoro e libertà.
Abbiamo quindi deciso di introdurre nella nostra riflessione, per non essere cieche e indifferenti su ciò che ci accade accanto, uno spazio dedicato alla crisi dell’ OMSA, che vede da mesi, e in modo crescente nelle ultime settimane, una forte azione sia sindacale che politica dei lavoratori dell’OMSA, 350, che vedono minacciato il loro posto di lavoro.
E di questi 350, 320 sono donne.
A queste 320 donne, e ai 30 uomini, vogliamo inviare un messaggio che non è solo di solidarietà. Questa è scontata. Come non essere vicine/i e solidali con chi rischia di non avere più lavoro, né di vedere alternative vicine e possibili?
Vogliamo dirvi qualcosa di più.
Abbiamo letto gli slogan che avete scritto per la manifestazione del 16 gennaio scorso in piazza Nenni. Pietro Nenni, faentino, Padre Costituente, come Teresa Noce, Madre Costituente e sindacalista, e Maria Goia, sindacalista ravennate, amica di Giacomo Matteotti, sarebbero orgogliosi di voi. Molto importante è stato il contributo di Nenni, Noce e tante/i altri nella definizione degli articoli della Costituzione dedicati al lavoro, che la nostra Carta non solo indica come fondamento della Repubblica, ma definisce “diritto”.
Siete state molto brave, molto bravi, a ricordarlo al mondo intero. I vostri slogan, i più importanti, erano la citazione letterale degli articoli dedicati dalla Costituzione al lavoro e alla dignità di chi lavora. In particolare avete citato l’art. 41, che dice tutto. “L’iniziativa economica privata è libera. Non può svolgersi in contrasto con l’utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana…”.
Avete ragione. L’azienda che gestisce l’OMSA, come molte altre in Italia in questi mesi, in questi anni, sta occupandosi solo della sua “iniziativa economica”, giustamente libera, ma si dimentica del tutto dei limiti che la Costituzione pone agli imprenditori privati che non possono agire in contrasto con l’utilità sociale del contesto in cui operano, né recare danno.
Ripercorrendo la storia e studiando l’agire politico, abbiamo visto che, sempre più nel corso del tempo, le donne hanno saputo rivendicare come diritto sia il lavoro che il voto. Hanno capito che non si può essere lavoratrici con piena dignità se non si è cittadine. E che non si è cittadine se non si ha piena padronanza sulla propria vita. E senza lavoro non si è padrone/i di sé, né si ha vita dignitosa; e la libertà si dissolve.
Consideriamo quindi il lavoro come un diritto di cittadinanza, un diritto civile, e abbiamo apprezzato molto la forza e la dignità che avete impresso alla vostra lotta. Avete il sindacato che vi sostiene in modo unitario, avete dialogato con le Istituzioni locali e regionali, avete interrogato i responsabili dell’Azienda in modo rigoroso ed esigente, siete arrivate fino al Ministero competente.
Inoltre, avete mostrato una determinazione ed un coraggio da ammirare. State presidiando la “vostra” fabbrica 24 ore su 24. E’ “vostra” , non possono smantellarla a prescindere da voi. Leggiamo in un documento della sindacalista Samuela Meci una frase molto bella “ La tensione delle lavoratrici si è sentita con forza, con quella determinazione di chi sa di essere nel giusto…”.
E’ stata utilizzata in questi anni di arretramento culturale prima ancora che economico, con evidente incapacità da parte dei più diretti responsabili, imprese e governi, di comprendere le cause profonde della crisi e di agire per prevenire e risolvere, la parola “esuberi” per indicare chi perde il lavoro all’interno di ristrutturazioni “a prescindere”.
Il linguaggio non è mai innocente. Con “esuberi” si intende “in più”, “di troppo”, un riferimento quantitativo. Il troppo si butta. Invece, state ricordando al mondo, con forza e dignità, che 350 non è un numero. Ogni singola unità è una vita, una storia, bisogni, affetti, casa, sentimenti, sofferenze, attese.
Vi siamo vicine/i con simpatia ed empatia. Stiamo cercando di metterci nei vostri panni.
Come ci sentiremmo se fossimo noi senza lavoro? Cosa faremmo, noi?
Desideriamo incontravi e ascoltare da voi le vostre storie. E chiedervi se e come possiamo accompagnarvi in questo doloroso e coraggioso percorso.
La nostra Costituzione è chiara. Al centro di tutto c’è la persona, la sua dignità e il lavoro.
Nessuno, imprenditore, Istituzione, governo locale e nazionale può desistere dall’impegno verso l’OMSA fino a quando anche una o uno solo di voi non avrà risolto il problema di “come vivere con dignità”.
Donne CGIL
Donne SPI CGIL
Donne e uomini di Femminile Maschile Plurale
Ravenna, 5 febbraio 2010