Marco ha 37 anni e scrive a Il Giornale (7 febbraio) perché è disperato. La sua ragazza ha deciso di abortire e lui vuole diventare padre. “Sarei pronto a prendermi l’impegno di crescere da solo nostro figlio”, dice, ma lei “non vuole sentire”. Si lamenta della legge che tutela solo le donne e domanda: perché una donna che mette al mondo un figlio da sola è madre coraggio, mentre l’uomo “è solo un poveraccio con desiderio di paternità”?
Il giorno dopo gli risponde secca una lettrice: “Caro Marco, mettiti il cuore in pace: fino a che i figli nasceranno dal corpo delle donne saranno loro (noi) ad avere l’ultima parola”. E aggiunge: “Capisci bene che obbligare una donna a portare avanti una gravidanza è una violenza grande quanto lo è l’aborto”, anche se la donna, se le cose stanno come Marco le descrive, è stata “scorretta”.
La risposta vale anche per Alessandro Meluzzi che aveva parlato di “ingiusta e tragica asimmetria”. Ma “l’asimmetria” è un dato di fatto. Implicitamente riconosciuto anche dalla Ministra Meloni, intervistata sempre su Il Giornale, che però deplora che si siano investite più energie “a impedire la vita piuttosto che a favorirla”. Promette quindi incentivi alla maternità e quoziente familiare. Il dibattito continua: mentre Melania Rizzoli irride la legge che considera il maschio un mero “inseminatore”, Marco reinterviene e diagnostica una grave depressione della fidanzata. Per questo chiede, lui, alla struttura ospedaliera di posticipare l’intervento (9 febbraio).
Maria ha 35 anni, è sposata e vuole diventare madre. A causa però di “traslocazioni cromosomiche” non riesce a portare a termine la gravidanza. Dopo tanti aborti spontanei e disillusioni vorrebbe tentare la fecondazione eterologa attraverso l’ovodonazione. La sua testimonianza è su Repubblica (6 febbraio) insieme ad altre di donne e uomini, affetti da gravi patologie, che presenteranno ricorso alla Consulta perché sia dichiarato incostituzionale l’articolo 4 della legge sulla fecondazione assistita che vieta la donazione di gameti maschili o femminili.
Miriam (ma i nomi sono tutti di fantasia, ndr) ha 25 anni ed è diventata ragazza madre felice presso le suore di Niscemi. I genitori, preoccupati per lei e per lo scandalo, l’avevano spinta ad abortire. Per tranquillizzarli allora finge un aborto spontaneo e dice che torna all’università. Invece va dalle suore per portare a termine la gravidanza. La sua storia, raccontata su Il Giornale di Sicilia, è stata ripresa da altri quotidiani, Avvenire in testa (4 febbraio). Che introduce l’articolo con questo occhiello: “la scelta”. Una scelta, appunto.