Se ce ne fosse bisogno, pure le prossime elezioni regionali dimostrerebbero la crisi della politica. Nel senso che ciò che sta avvenendo di buono (io penso che sia una cosa buona e fino adesso impensata quella della sfida tra due donne) nel Lazio dipende, perlomeno in parte, dalle sciocchezze che combinano i maschi.
In linea generale, non sarà solo per demerito maschile (però ha ragione Filippo Ceccarelli sulla “Repubblica“: “gli scandali sessuali e dovutamente maschili“ di escort e trans hanno prodotto uno scatto impensato) e nemmeno per sicumera di quei “professionisti della politica“ dei quali scrive Ida Dominijanni sul “Manifesto“, ma gli uomini non ci fanno una bella figura.
Il metodo pasticcione degli “esploratori“, dei caminetti, delle crostate e torte varie non funziona più. E quando il metodo fa acqua, vengono avanti le donne. Ultima speranza, ultima spiaggia, quelle che devono trovare la quadra. Proviamo anche con Dio, non si sa mai (vecchia canzone di Ornella Vanoni). Concretamente, proviamo con le donne che hanno un di più di tenacia, assennatezza, pragmatismo.
Quando Renata Polverini è scesa in campo, i maschi del centrosinistra hanno cominciato a mormorare: “Qui ci vuole una donna“. Se le contrapponi il nome pesante – che so? Un Enrico Letta – la partita non ha storia.
Detto questo, bisogna pur che il centrosinistra provi a insidiare Berlusconi ricomparso in forma smagliante. E come può se non allarga le alleanze, se non trova le mediazioni possibili, se non traccia una sintesi? Dunque, la coalizione va allargata. Perciò, non è difficile comprendere quanto il Pd tenga all’alleanza con l’Udc. Senza l’ Udc, il Partito democratico prenderebbe, se va bene, tre regioni. Non so se questo significa andare a rimorchio. Piuttosto, il punto è: fino a che punto si può spingere il Pd per allargare l’alleanza?
L’Udc procede a macchia di leopardo, vuole essere l’ago della bilancia ma Casini ha una sua logica. In Piemonte si allea con Mercedes Bresso contro il candidato leghista. Con Boccia, parlamentare del Pd in Puglia (già battuto da Vendola) si immagina di costruire un laboratorio del riformismo. Nel Lazio dice sì a Renata Polverini. Per costruire il suo asse con Fini, per dare un colpo al maggioritario e aprire la porta al proporzionale alla tedesca.
Torniamo al punto, alla sfida femminile. Polverini è una apprezzata sindacalista. E’ stata indicata dal centrodestra per le prossime elezioni regionali del Lazio. (Non senza qualche mal di pancia a cui ha dato voce Feltri, il quale si è difeso dall’accusa di maschilismo confessando candidamente che “non si era nemmeno accorto” che Polverini “fosse una donna”…). Emma Bonino si è autoimposta. Le due sfidanti propongono, simbolicamente, proprio con il fatto di essere due donne, il tema del rinnovamento della politica.
Non che siano lontane dalla disciplina di partito, però danno l’idea di pensare con la propria testa, fuori dall’ombra degli apparati. Tenaci, non seduttive. Sanno parlare ma anche ascoltare. Mentre i maschi, oh i maschi! sembrano incapaci di intendersi, tanto sono abituati agli odi, agli scontri interni. Cosicché, si capisce che in una politica che finora ha selezionato dirigenti di sesso maschile, si stia aprendo un varco, anzi, una voragine della quale approfittano le donne. D’altronde, la “special registration” voluta da Bush nel 2002 imponeva ai cittadini provenienti da 25 nazioni (canaglia o giù di lì) di registrarsi, con una selezione molto discutibile, presso le autorità americane. Si trattava di cittadini maschi. Le donne anche in quel caso sembravano nate sotto una buona stella.