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relazioni politiche, dal quartiere al mondo

E gli sketch di Silvio non finiscono mai

13 Ottobre 2009
di Letizia Paolozzi

La stampa estera “sputtana“ l’Italia, ha detto Silvio Berlusconi? In effetti, sta succedendo questo: un uomo politico, un leader, decide di maneggiare la sua carica come una clava. E prova a manovrare la sua figura istituzionale come fosse un mezzo corazzato (dal potere che possiede in campo economico, mediatico, politico) di sfondamento delle fondamenta democratiche italiane (assai fragili anche perché bloccate da molti, troppi anni).
E poi dice che la stampa estera “sputtana“ l’Italia. E’ stato geniale il direttore di Radio Radicale, Massimo Bordin, quando ha osservato che l’uso di quel verbo da parte del premier è perlomeno azzardato. Come opporsi allo “sputtanamento“? Punto dolente è la delegittimazione che il premier si procura da solo. Con la trasgressione dei codici politici che la stampa estera si limita a registrare.
Tanto – troppo- il potere concentrato nelle mani di un uomo. Obietta quest’uomo: Mi ha votato il popolo. Non è solo la fragilità e probabilmente l’usura delle istituzioni di fronte a problemi nuovi dalla crisi, allo spettro della disoccupazione, all’immigrazione, a rendere sempre più frequente l’appello al popolo (come osservava giustamente lo studioso Marc Lazar su “Liberazione“). Per rassicurarsi ci si affida al capo: vedi la nascita del Pdl battezzato da un predellino di automobile in piazza San Babila a Milano e il. modo di intendere le primarie nel Pd.
Comunque, il popolo viene chiamato di continuo a testimoniare “amore“ per il leader (basterebbe aggiungere l’aggettivo “caro” e saremmo d’un balzo tutelati dal “caro-leader“ della Corea del Nord) che può legittimarlo con l’elezione diretta. Di qui l’idea di un presidenzialismo senza contrappesi, da ottenere a colpi di maggioranza. Anche se il Paese ha bisogno di riforme. Che però il popolo non chiede. Per paura di perderci ognuno qualcosa del suo? Per indifferenza, agnosticismo, disinteresse?
Fino a qualche tempo fa, il popolo veniva chiamato a testimoniare dei “meriti“ sessuali del premier. Anche se parevano, nel linguaggio, ispirati a vecchi sketch inevitabilmente sessisti. Priapismo compreso. Poi arriva la scoperta delll’affollamento allegro a Palazzo Grazioli o a Villa Certosa. Una manna per la scena mediatica. La materia produce un aumento delle copie dei giornali, audience televisiva (là dove non è calata la censura). Il popolo guarda, ma si gira anche dall’altra parte. Eppure, soldi e sesso sono un binomio che non si addice a un premier.
Non tutti consentono, o si identificano. Nella società civile c’è chi ha voglia di discutere, di riflettere ma dovrebbe andare a scuola dal femminismo. Sapere che il rapporto tra pubblico e privato è stato abolito. Con le cose buone e cattive che comporta. Però un diverso modello di comportamento del maschio tarda a affermarsi.
Mentre i modi giornalistici di seguire le intemperanze del premier provocano attacchi di misoginia, di moralismo, di sessuofobia contro le “rifatte“, le escort, le veline: “taciturni soprammobili“ (Gad Lerner) o serie professioniste dello spettacolo di varietà (come esse stesse in una lettera ci hanno spiegato)?
Contraddittoriamente, l’opinione pubblica, da un lato grida allo scandalo per la giunta provinciale di Taranto composta tutta di maschi (a guardare bene, si noterà che di giunte omosex ce n’è un grande numero in Italia), dall’altro guida la protesta per la libertà di informazione senza che nessuno/a si immagini un cartello, un piccolo striscione di protesta per l’uso che, in televisione, nella pubblicità, viene fatto del corpo femminile.
E così Berlusconi continua a occupare la scena con i suoi vecchi sketch.

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