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Il corpo politico delle “veline”

9 Settembre 2009
di Cristina Liquori

Per pura inclinazione pasoliniana verso la bellezza dei corpi, voglio parlare di queste veline ed escort, che hanno seminato molto sconcerto tra le fila di uomini virtuosi e donne emancipate.

Già da molto tempo il mio amico F.C.,giornalista, lavorava sull’importanza del corpo nella politica. In particolare: da una parte tutta l’invadenza e volgarità del corpo del premier, che emergono incontrastate tanto più arretra l’opposizione.(Una volta mi disse, e fu profetico, che la sinistra avrebbe sofferto fino dentro i corpi per la sconfitta subita e mai capita fino in fondo).
Dall’altra il corpo inerte ed insignificante di una moltitudine maschile, anche di sinistra, che continua ostinatamente a scindere il pubblico dal privato, pur sapendo già da tempo cosa succede, per esempio, a Palazzo (Grazioli), dando una sbirciatina gratis qua e là, senza individuare alcun argomento di contestazione. Nessuno notava lo scambio in atto tra prestazioni sessuali e incarichi politici, il moltiplicarsi di figure “decorative”.
E’ quello che Bettino Craxi amava fare, ma in maniera meno lugubre.
Così di queste bellissime ragazze che si vendono non si è troppo parlato in termini numerici e sociologici. A quanto pare, non sono schiavette del sultano ma intraprendenti e ciniche portatrici di telecamere nascoste. Il loro “fare sesso” è probabilmente anni luce lontano dal nostro: un fatto tecnico con precise regole e ambiti di azione.
Il sesso, quello di cui ci occupiamo noi, è la passione erotica, con tanto di nomi e cognomi,di vittima e carnefice. Non è una Salomè, quella che danza oggi per il Sultano, ma una operatrice nel campo del piacere più rapida e determinata.
Tornando alle veline: troviamo l’esempio di uno di quei”nuovi mestieri” che si formano in alternativa ad una crisi strutturale : lavoro-salario- crescita di sé che, dopo molte promettenti glorie emancipazioniste, mostra la corda. L’investimento e la piccola imprenditoria si fonda sul corpo.

Probabilmente, lo immaginiamo, a quel livello non si hanno generici e numerosi clienti (ricordiamo il film semiserio “Irina Palm“), ma si è inseriti in un progetto-quadro che si riferisce ad un unico ”gestore”.
Dall’altra parte ci sono montagne di ore dedicate ad un lavoro-mission per il quale si prova profonda estraneità, e grande fatica per essere accettate da quella mente maschile che tutto ha già predisposto .
Per di più, a volte il gruppo di lavoro, si finge gruppo-famiglia, per incorporare meglio le eventuali contraddizioni e far accettare la gerarchia.

Da tutto ciò fuggono le venditrici del corpo, che cercano di bruciare le tappe e non aspettano il miracolo, ma si propongono di fare sesso. E questo fare sesso è un diritto di tutti non ancora alienato, e i problemi di impotenza vanno considerati e va loro offerta una soluzione “tecnica”. Non credo che il maggiore esperto a cui affidarsi sia il Medico.

Dall’episodio Veline si passa però a qualcosa di più inquietante: un programma televisivo di Sky girato in tutto il mondo da giovani reporters (Current), rivela che un gran numero di giovani si prostituisce di tanto in tanto, senza dare nell’occhio.
E’ una attività parallela che si concilia con tutto il resto, d’altra parte è poco credibile che i giovani possano permettersi anche quei pochi consumi di routine con i pochi soldi di lavoretti precari ed umilianti. Per le relazioni che si stabiliscono, e non solo per l’aspetto puramente economico, c’è forse da paragonare questo tipo di servizio con molti lavori di cura che ubbidiscono totalmente al “modello famiglia” (animali, bambini, trasporti…)?
Non è forse logico che ci sia spazio per la bellezza e la grazia di un giovane nella vita erotica di un anziano?
C’è di più. L’automatismo della maglia scuola- lavoro- salario- carriera –consumi si sta allentando.
La cosiddetta sinistra non avrebbe dovuto (part,passato ) ignorare questo fenomeno per riproporre un “lavorismo” anni 70.
Le future generazioni, anche per effetto della politica delle donne, saranno interessate ad avere una vita felice più che una carriera brillante svolgendo mansioni indicate dall’alto.
Chiudendo gli occhi potrei vedere i capitalisti obbligati a stipendiare, in proporzione al loro profitto, un numero stabilito di giovani che si occupano di ricerca, di relazioni internazionali, di progetti per abbassare il disagio.
Tutto questo senza la mediazione dello Stato, paternalista e gerontofilo, ma
così, direttamente.

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