Il testo di Umberto Veronesi pubblicato sul Corriere della Sera del 21 agosto 2009 – “La forza delle donne in dieci punti. Ora serve un nuovo femminismo” – mi auguro contribuisca a rendere più sensato il dibattito che si è aperto in varie sedi sui rapporti tra i due sessi nel tempo e nel paese della avventure di Silvio Berlusconi.
Do ragione a Veronesi su molte delle cose che dice a proposito della forza femminile, a cominciare dallo straordinario mutamento prodotto dall’ingresso massiccio – anche se non ancora sufficiente – delle donne nel mercato del lavoro e dal loro fortissimo desiderio di mantenere lavoro e maternità. E’ un tema che da anni ci segnala il femminismo italiano della differenza ma che finora è rimasto inascoltato, non visto, rimosso soprattutto dagli uomini della sinistra e del sindacato. Ma anche dalle donne che preferiscono indugiare in un vittimismo che appare senza sbocchi e sulle politiche della “parità” che hanno prodotto chiaramente una empasse nei luoghi della politica istituzionale. Veronesi è un senatore del Pd, e spero che sia ascoltato anche su questo punto.
Più discutibile mi sembra invece la conclusione del suo scritto, quando consiglia un “nuovo femminismo”. Credo anch’io che ce ne sia bisogno. Penso però che questo femminismo in realtà già per molti versi esista, e che il problema sia riconoscerlo. Da parte di donne e uomini. Ma soprattutto mi aspetto da un uomo che tragga le conseguenze di una visione come quella esposta da Veronesi per quel che riguarda il suo – nostro sesso.
Infatti l’incapacità di molti uomini – non tutti per fortuna – di cogliere il cambiamento prodotto dalla rivoluzione femminile ha ormai dato luogo a una vera e propria “questione maschile”, più che femminile, che si rispecchia per esempio nella perdita verticale di autorità della politica, così ben riassunta dai comportamenti del nostro Premier (ma non solo suoi, beninteso).
Cito Adriano Sofri, che sul “Foglio” aveva preso le difese di un precedente articolo di Veronesi uscito su “Repubblica” e che già aveva fatto discutere : “Di tutte le rivoluzioni immaginate per questa terra, in cui chi stava sopra finiva sotto e chi stava sotto andava sopra, quella delle donne dà più speranze di non significare un semplice cambio di mano in un potere che continui a fare le stesse cose. Non è detto, certo. Ma fuori da questa speranza il mondo delle scorse migliaia di anni virili è spacciato. Io lo penso, e sapete chi l’ha detto meglio di altri? Il Papa Giovanni Paolo II, per esempio. Non lo citerò, immagino che ve ne ricordiate”.
Ma la “speranza” che il mondo e il potere cambino in meglio non è che possa riposare tutta sulle qualità femminili che ora alcuni uomini vanno scoprendo e riscoprendo: sono altri luoghi comuni, e credo fondati, dell’informazione quotidiana il ruolo decisivo delle donne per la libertà nei paesi governati da regimi dispotici e nella soluzione della crisi economica. Serve una risposta, un adeguamento, una rivoluzione anche nel modo maschile di intendere il mondo, il potere, la politica.
Per questo, tra l’altro, e per concludere provvisoriamente, mi sembra un po’ stravagante la “campagna” agostana dell’Unità, che denuncia un “silenzio” delle donne e chiama a una mobilitazione contro le malefatte di Berlusconi il mondo femminile. Lo ha già segnalato sul “manifesto” Bianca Pomeranzi. Tutto nasce proprio dalle parole fortissime di una donna, Veronica Berlusconi, di sua figlia, e anche della signora Patrizia D’Addario. Sono bastate queste parole femminili perché lo scandalo facesse il giro del mondo. E molte donne su molti media da mesi hanno preso la parola per commentare, approfondire, valutare. Altro che silenzio.
E’ l’interlocuzione e la reazione maschile che, salvo alcune eccezioni, ha oscillato tra connivenze politiche, strumentalismi, rimozioni. Certo per un uomo è più difficile guardare alla sostanza del problema, che tocca alla radice il rapporto tra sessualità, potere, desiderio, autorità, etica. Come dire il nostro essere costitutivo.