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Campionesse e veline

3 Agosto 2009
di Silvia Neonato

Corpi atletici di giovani donne, potenti, compatti, furiosamente competitivi ma anche aggraziati. Espressioni seduttive e spalle larghe, ragazze non rifatte con lo stampino dai chirurghi estetici che mostrano caratteri diversi, conditi di civetteria e intelligenza, capricci e simpatia.
Insomma: le nostre atlete azzurre dei mondiali di Roma, eccezionali nei risultati, ma simili, per fortuna, a tante loro coetanee. Di cui potrebbero diventare un modello, visto che hanno anche una certa propensione a fare le star. Magari in alternativa alle bellezze dai volti levigati che girano con il book delle proprie fotografie, disposte se non a tutto certamente a molto per arrivare in fretta in tv o in politica, due carriere che, sorprendentemente, negli ultimi anni sono state parificate.
Aspiranti veline le chiamano, ma nessuno sa bene cosa sappiano fare e anzi spesso vengono derise, magari con crudeltà, per la loro incompetenza, anche se vantano titoli di studio medi o alti. Per non parlare delle escort che sembrano dimenticate lì oltre mezzo secolo fa, quando le donne potevano scegliere tra essere o mogli o oggetti di seduzione a tempo pieno.
Nessuna voglia di ergersi a moralista, piuttosto una semplice domanda: ma le ragazze di oggi come fanno a non restare intrappolate nell’immagine di queste onnipresenti bambole perfette i cui unici scopi esistenziali sembrano essere mantenere un fisico impeccabile e sedurre i maschi? Quali modelli femminili possono pescare nei media oltre a queste belle signorine dai visi stranamente simili?
Federica Pellegrini, due ori a Roma e dieci record mondiali prima dei 21 anni (come ripete vanitosa), propone fidanzato, famiglia e pure, con libertà, la propria bellezza tanto da aver sfilato per Armani e essersi fatta fotografare semivestita e coi tacchi a spillo per Vanity Fair. Forse, quando smetterà di gareggiare, tenterà la carriera di modella, ha detto, ma intanto sa fare benissimo il suo mestiere, che è quello di nuotare. E si prepara con serietà e determinazione. Come la meno osannata campionessa di fondo Federica Vitale che, ricevuta ieri dal Papa, teneva la tuta ma non rinunciava al codino vezzoso e agli occhi truccati. Riservate, impegnate al massimo, toste ma anche sempre molto curate sono pure Tania Cagnotto e Francesca Dallapé, argento nel tuffo in sincro dai 3 metri.
Infine c’è l’altra star di questi mondiali, Alessia Filippi, romana di 22 anni, che ama la sua famiglia, la pizza, la Roma (calcio) e persino la politica (ha sostenuto Veltroni), ma si è appena comprata un’Alfa 147 nera, un’auto da cattiva, come dice lei. Dopo l’oro conquistato nei lunghi 15 minuti che accorrono a coprire i 1500 metri, Alessia ha meditato e ora sostiene, appunto, di essere diventata “Alessia-killer” ovvero una che vuole vincere e imporsi e non certo solo con la venustà.
C’è di che consolarsi in un Paese dove ultimamente si parla davvero poco di donne in gamba e dall’esistenza più o meno inserita nelle regole quotidiane. Del resto anche le famiglie di queste ragazze sembrano normali: le madri non si aggirano a tempo pieno per studi televisivi per piazzare le figlie, i padri fanno mestieri diciamo tradizionali. Non sono finti autisti di politici e neppure indagati dalla magistratura. E seguono dagli spalti con orgoglio le loro ragazze che usano i loro corpi prestanti da soggetti vincenti. E non da oggetti.

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