Inutile parlar d’altro. La fantasia e la politica tornano sempre alle feste del presidente e a quelle ragazze. Ragazze facili? Facili da disprezzare, anche se la parola “escort” dà un tocco di glamour che certo non viene concesso alle nigeriane di strada. “Sono serie lavoratrici del sesso” rivendicano invece Pia Covre e Carla Corso, fondatrici del Comitato per i diritti civili delle prostitute, e “per ogni donna libera” è lecito “cogliere l’opportunità di usare il proprio corpo per guadagnarsi da vivere”.
Ma “il corpo delle donne è ancora da intendersi come servizio?” replica preoccupata Ileana Montini (Il Paese delle donne on line). Decisamente meno problematica è Annamaria Bernardini De Pace che definisce Patrizia e le sue amiche “impudiche, avide, sgangherate” , “erinni prive di misericordia” , “branco di cavallette voraci” che si nutre, fino ad estinguerla “della specie più debole e indifesa che ci sia: il maschio”. Maschi indifesi che, però, dice la stessa Bernardini De Pace, sono “cresciuti nel mito dell’erezione a ogni costo, spendono e spandono la dignità per gareggiare tra loro a chi sa innalzare il più lungo gran pavese di mutandine conquistate” (Libero, 21 giugno).
Sulla virilità pensa qualcosa di diverso Lea Meandri quando definisce il presidente “seduttore sedotto”, con un tratto di “mascolinità che non sdegna inclinazioni femminee, che alla prova muscolare preferisce l’abbellimento, alla voce imperiosa la battuta di spirito e l’allusione maliziosa, o il gesto impertinente dell’eterno fanciullo” (L’Altro, 23 giugno).
Anche Ida Dominijanni è colpita, nelle parole delle ragazze, dall’“acclarata affettuosità dell’ospite” che “tutte conquista, come se ciascuna stentasse assai a trovarla altrove, e segnatamente in altri uomini” (Il Manifesto, 23 giugno). “Che Silvio (per Barbara) o Papi (per le altre ospiti ancora senza volto) sia casualmente il presidente del consiglio sembra essere tutto sommato un fatto relativo” dice ancora Dominijanni. E conclude che “tutta questa storia non si sta giocando nel registro di una rinnovata oppressione patriarcale, ma in quello di una perversa forma di emancipazione femminile, postpatriarcale e postfemminista”.
Di tutt’altro avviso le professore universitarie che firmano un appello alle first ladies dei paesi del G8. Non venite a L’Aquila, scrivono, “per affermare con forza che la delegittimazione della donna in un paese offende e colpisce le donne di tutti i paesi” (Il Paese delle donne on line e Repubblica, 23 giugno).