Che cosa ci dice dello stato dei rapporti tra uomini e donne la telenovela (o meglio, il reality show) del divorzio tra Veronica Lario e Silvio Berlusconi?
Intanto, se accettiamo il gioco del “da che parte stai”, chi è il più forte tra i due?
Già il sol fatto che la domanda non sia infondata, fa pendere l’ago della bilancia dalla parte di Veronica, essendo il suo antagonista l’uomo più potente e ricco del paese (e la swg ha stimato che il 67% degli italiani e delle italiane sarebbe dalla parte di lei…).
Questa “forza” di Veronica dice qualcosa anche sulla forza più generale delle donne in Italia e in questo momento della storia? Oppure l’atteggiamento maschilista del Cavaliere e i suoi alti indici di consenso parlano di una catastrofe? Lui incarna il modello maschile prevalente, piace molto anche alle donne, giovani e meno giovani. L’idea della libertà femminile e di un mutamento anche dell’uomo-macho è remota, distante, sconfitta. Tutto è come prima, come sempre, peggio di prima.
Ma le cose stanno davvero così?
Mentre stava per esplodere la faccenda del divorzio tra Veronica e Silvio è stato tradotto in Italia il libro scritto tre anni fa da Alain Touraine, dal titolo assertivo: “Il mondo è delle donne”. Se ne era già parlato quando uscì in Francia, ma leggerlo integralmente fa una certa impressione. Touraine, dallo studio del pensiero femminista americano e francese, ma soprattutto dall’ascolto di gruppi di donne scelte in modo abbastanza casuale nella società francese, ricava una convinzione profonda.
Dopo il tramonto del “soggetto operaio” e la fine dei grandi movimenti di liberazione, la nuova soggettività che sta trasformando il mondo, conducendolo dalla dialettica della contraddizione e della conquista a quello della consapevolezza del sé, è costituita dalle donne.
Le donne intervistate da Touraine e dal suo gruppo detestano la “politica” e non hanno nemmeno troppa simpatia per il “femminismo”, ma sono determinate a partire dal loro essere donna per costruirsi una vita libera. Un atteggiamento molto simile la ricerca che sostiene il libro ha individuato anche nelle donne musulmane che vivono in Francia. Nessuna si sente “vittima”. Anche se è ben presente la consapevolezza delle discriminazioni subite.
Questa condizione soggettiva del “postfemminismo” induce Touraine all’ottimismo di una “sociologia della libertà” che non disarma di fronte ai tanti orribili residui di un mondo fatto a misura degli uomini. E costituito da una “modernizzazione occidentale” che ha diviso il pianeta in élites dominatrici e vaste aree di umanità subalterna. Con gli ingredienti della violenza e della guerra. Un mondo – detto per inciso – che oggi vacilla sotto i colpi della propria crisi e che cerca nuove speranze fidandosi di un Obama.
Una nota di ottimismo di segno simile viene anche dal libro di Youssef Courbage e Emmanuel Todd “L’incontro delle civiltà”.
E’ una minuziosa rassegna demografica sullo stato della famiglia e della riproduzione in tutto il mondo musulmano. Il dato principale che emerge è che laddove l’alfabetizzazione femminile, dopo quella maschile, oltrepassa una soglia maggioritaria, cambia radicalmente il modo di vivere, i tassi di natalità calano, si avvicinano rapidamente e raggiungono quelli dei paesi occidentali. Certo, avvengono grandi sconvolgimenti e forti tensioni politiche e religiose. Ma alla fine sarà più probabile l’incontro tra le civiltà, e non lo scontro annunciato da Samuel Huntington. E il fattore maggiore di mediazione e di scambio è dato dallo statuto femminile, dalla soggettività delle donne.
Certo l’Italia della destra e di Berlusconi sembra molto distante da questi scenari. Eppure persino nell’ossessione del Cavaliere per la promozione delle “belle donne” – che sono poi sempre anche molto brave e “bagnano il naso” ai colleghi maschi – così come nelle prese di posizione civili in cui si impegna Gianfranco Fini si può scorgere una qualche consapevolezza, il sospetto che il mondo stia andando in una nuova e diversa direzione.
Noi lo vediamo poco, ma forse solo perché lo vedono poco la politica e l’informazione, due mondi rimasti – tra i non più molti, ormai – sotto il segno del più uomini che donne, e che pesano nel discorso pubblico mediatico.
E la sinistra? Già, la sinistra. Me la sono dimenticata.