«Non si nota mai abbastanza quanto il corpo delle donne sia al centro di tutti discorsi sull’immigrazione e il preteso scontro di civiltà» osserva Seyla Bhenabib, autrice tra l’altro di “Cittadini globali. Cosmopolitismo e democrazia (Il Mulino, 9 euro), l’ultimo dei suoi testi tradotti in italiano, docente di filosofia politica all’Università di Yale, a Genova il 7 aprile scorso, per il ciclo di incontri “Mediterranea” a cura della Fondazione di Palazzo Ducale. «Sono soprattutto le donne islamiche» continua «a essere oggetto di un’attenzione intensa, un focus cruciale nel confronto continuo tra mentalità diverse che avviene in Europa in conseguenza dell’’immigrazione».
Insomma lo sgomento occidentale di fronte al foulard islamico sarebbe la testimonianza di uno shock culturale, di cui le donne sono la rappresentazione più visibile e immediata, e che porta precise responsabilità, sostiene Behanbib: «La cosa curiosa è che quando si pensa ai migranti si pensa solo agli uomini. Forse perché nella storia europea a partire erano gli uomini. Erano i maschi italiani, o turchi, francesi, slavi a partire che andavano in America. Ora sono le donne a partire da sole», aggiunge, va ricordato che i dati più recenti dicono che nei flussi migratori mondiali le donne sono in maggioranza. «I lavori sono cambiati, non sono più i lavori industriali, fordisti, a essere disponibili, ma quelli dei servizi. In cui le donne hanno più chance». In questo quadro la questione dei diritti, di cui Seyla Benhabib si è occupata in vari testi, per esempio in “I diritti degli altri. Stranieri, residenti, cittadini (Cortina Editore, 17,80 euro) è centrale: «C’è un terreno di negoziazione da praticare, tra cittadinanza e identità», questa è la strada per dare spazio ai diritti di ciascuno.