L’intervento di Mara Carfagna al congresso PdL non ha fatto notizia, neppure tra chi ha celebrato la nuova sobrietà delle ragazze azzurre, non più tacchi a spillo e minigonna, bensì portatrici di “un mix di grinta e dolcezza, caparbietà e coraggio”, come Valentina Vezzali (Vittorio Macioce, Il Giornale, 29 marzo).
Eppure Carfagna ha detto cose pesanti. Che le sue pari opportunità non hanno niente a che fare con il femminismo e i matrimoni gay, che l’obiettivo del suo ministero è “ribaltare una visione sessantottina delle cose”; che il Pdl risponde a “una sinistra che ha mortificato il merito, smantellato la famiglia, colpito al cuore le istituzioni” e che ha sconfitto “la cultura cattocomunista e gramsciana” (Ansa, Apcom, 28 marzo). Insomma, secondo la ministra, femminismo e (catto)comunismo sono più o meno la stessa cosa. Da buttare insieme a Gramsci e al sessantotto.
Non c’è da stupirsi. “Meno femministe in tv, più donne al lavoro” aveva detto una delle giovani in apertura del congresso. (Femministe in tv, e dove?, ci siamo chieste in molte). Bisogna però prenderne atto: dopo trent’anni la parola femminismo ha perso significato e, se sei di destra, ma oramai anche se sei di sinistra, conviene premettere a ogni discorso: “io comunque non lo sono”. Anche se sei lì a parlare in pubblico proprio grazie al femminismo. Anche se sei ministra di un ministero che, in verità, alle femministe non è mai piaciuto, ma che la politica ha inventato proprio per dare una sponda istituzionale al movimento delle donne. Anche se, come ministra, non puoi fare a meno di riconoscere il cammino che altre hanno fatto prima di te, come la stessa Carfagna, intervistata da Vanity fair: “Di passi in avanti ne abbiamo fatti molti, basti pensare che nel 1980 era ancora previsto il delitto d’onore, o che, vent’anni fa, lo stupro era considerato un reato contro la morale e non contro la persona”.
Eppure femminismo è la politica delle donne, cioè “una ricerca di civiltà”, dice la filosofa Luisa Muraro intervistata su l’Unità (30 marzo). Immaginiamo però che una ragazza, una ragazza qualsiasi che magari vota Berlusconi, voglia saperne di più e cerchi tracce del vituperato femminismo sui media più diffusi, ecco, deve avere molta buona volontà per trovarne. Certo non in tv. E’ roba da women’s studies, da siti internet sofisticati, da libreria Rinascita. E da quotidiani di sinistra. Quindi quella ragazza finirà per sapere solo quello che le dice la ministra di riferimento. A meno che il pensiero delle donne, delle femministe, non esca dal recinto del bipolarismo manicheo.<