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Le mogli di Zuma

22 Febbraio 2009
di monica luongo

Tra poco più di un mese il Sudafrica andrà alle urne e la prestigiosa rivista Mail e Guardian si chiede se lo stile di vita poligamo del candidato principale Jacob Zuma rifletterà i valori fondamentali della Costituzione. Già perché il discusso leader dell’ANC continua a far parlare di sé: aveva debuttato anni fa sostenendo di evitare il rischio HIV facendo una doccia dopo i rapporti sessuali, poi ha avuto un procedimento legale per stupro (ora sospeso, verrà ripreso in estate) e ora che sarà con stragrande previsione il prossimo presidente si prepara a salire sul palco con le sue quattro mogli.
Il dibattito è vivace e molto interessante. Dal dopo-apartheid il Sudafrica ha fatto del rispetto dei costumi culturali dei popoli che lo abitano la principale bandiera, ciò nel bene e nel male. Da quando Mandela fu eletto, per esempio, non una sola goccia di sangue è stata versata tra bianchi e neri: quote rispettate in ogni incarico pubblico, undici le lingue ufficiali e addirittura dotte discussione sulla lingua madre dei giudici in tribunale quando chiamati a giudicare un imputato di un altro gruppo etnico, convinti che la traduzione dell’interprete non possa rispecchiare in toto il dibattito. Uno degli aspetti considerati negativi da molti è che oggi il governo chiede che i matrimoni poligami siano registrati nel registro degli atti pubblici, al fine di garantire i diritti di tutte le mogli. La poligamia è infatti difesa come patrimonio culturale intoccabile così come il test di verginità nella cultura zulu e quella di circoncisione nei khosa. Peccato che la promiscuità fa impennare il rischio di HIV e la corsa degli uomini da medici che praticano la circoncisione in condizioni di non sterilità prova infezioni e spesso impotenza. Molti i gruppi di donne attivi in questa direzione ma la battaglia contro i pregiudizi culturali è molto difficile, soprattutto quando questi sono cavalcati così saldamente dal governo che li usa per guadagnare consenso. Così, si chiede la columnist Colleen Lowe Moma, “dovremmo essere come i francesi, che credono che la vita privata dei politici debba stare fuori dalla scena pubblica (salvo quando una donna ministro ha un figlio da single) o come gli americani che credono così appassionatamente che il privato sia politico da far rischiare l’impeachment a un loro presidente per aver detto mezze verità sui suoi amoreggiamenti? Penso che non bisogna copiare nessuno dei due esempi ma sottoporre i nostri politici a una batteria di test che includano anche il riflesso dei valori della loro costituzione nella loro vita privata”. Magari arrivare a questo proprio no, io mi accontenterei di un trasparente e equanime rispetto per uomini e donne.

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