Se una madre va a riprendersi il figlio che le è stato portato via, è sequestro di persona? Rapimento? Sì, secondo la giustizia. La mamma in questione ha 20 anni, è nomade, di origine siciliana, ha “vari precedenti di polizia e nessun lavoro” (La Repubblica, 22 dicembre). Vive a Chiaravalle (Ascoli Piceno) in un ambiente “inadatto alla crescita di un minore”. Il padre del bambino, precisa il dispaccio Ansa, è sconosciuto. Così il Tribunale minorile di Ancona lo scorso settembre toglie Michele (3 anni) alla mamma “per incapacità educativa” e lo affida a una comunità di accoglienza.
Secondo le scarne cronache (niente titoloni, niente intercettazioni) la giovane madre, M.A., non si dà pace e cerca il bambino. Fino a che lo individua a Castignano, presso la “Casa di Gigi”, che ospita minori in difficoltà. M.A. si trasferisce nel paese, insieme con il fratello e il “convivente” (se la donna fosse stata una studentessa avrebbero scritto “insieme con il suo ragazzo”) e comincia a fare domande in giro. I carabinieri li notano subito: foglio di via per tutti e tre.
Così nasce la decisione del blitz.
I tre, calzamaglia sul volto e coltello alla mano, fanno irruzione nella casa famiglia e M.A si riprende suo figlio. Nel giro di otto ore vengono riacciuffati. La mamma e il bambino erano nascosti, abbracciati, nel box della doccia della casa che li ospitava. Ora M.A. è in carcere, come il compagno e il fratello, e Michele in un’altra casa-famiglia. Sicuramente il Tribunale ha agito per il bene del bambino, scrive Donatella Papi sul suo “Diario Rom” ( donapapi.wordpress.com), ma bisogna ricordare che “le mamme nomadi sono povere: povere di mezzi, di informazioni, di regole, di cure”. “Sono persone da tanto tempo esiliate dalla civiltà” e con loro occorre “un lavoro profondo”. Ma nessuno, pare, ha tempo e voglia di farlo. Quindi? Tutto il potere ai tribunali.
Doina Matei non è nomade. E’ romena, ha 22 anni e faceva la prostituta. Ha ucciso Vanessa durante un litigio nella metropolitana di Roma. Un colpo di ombrello che per sciaguratissimo accidente colpisce nell’occhio la vittima. Era aprile dell’anno scorso. Condannata in primo grado a 15, in appello a 16 anni, anche se i giudici riconoscono che l’omicidio è stato “preterintenzionale”, il 19 dicembre scorso ha scritto al Presidente della Repubblica. ”Datemi una possibilità, signor Napolitano… Aiutatemi, i miei bambini hanno bisogno di me” (Corriere della sera, 20 dicembre). Doina infatti ha due figli, di 7 e 6 anni e vorrebbe andare in una casa famiglia con loro. Che cosa le risponderà la “giustizia”?