Duecentosettanta pagine di donne: è uscito Nea, abbinato al quotidiano Libero (13 dicembre). “Nate per vincere” scrive Maria Elena Golfarelli nell’editoriale, e quindi: belle, essenziali, indispensabili. Come Daniela Santanchè rosso-vestita in copertina (e le scarpe neppure si vedono) che domina l’intervista di apertura. Segue Maria Giovanna Maglie con “la genealogia del potere donna”, Thatcher in testa; Giorgia Meloni, ovvero la politica come militanza; Margherita Boniver e Stefania Craxi che rivendicano il ruolo dei socialisti nel centrodestra; Chiara Moroni che crede ( o spera) che il giustizialismo di tangentopoli sia alle spalle e Laura Ravetto che auspica meritocrazia in tutti i campi.
La donna di Nea è così: “Piena di talento. Sa farsi strada e scrivere il proprio successo. Una donna realizzata, lontana dai pregiudizi e dai preconcetti, che rifiuta le giustificazioni di genere”. Infatti, dopo le donne politiche, ci sono imprenditrici, intellettuali, professioniste. Soprattutto avvocate: se ne contano ben 24. Sono forti, sicure e (quasi) eleganti. Per lo più giovani, molte graziose e, a leggere le interviste, quasi tutte intelligenti e competenti.
Due soltanto gli uomini intervistati: Mauro Floriani, marito di Alessandra Mussolini e Giorgio Albertazzi. Entrambi parlano benissimo delle donne. In particolare delle proprie mogli. C’è anche un’intervista di coppia, nella forma inconsueta del fotoromanzo. Sono Augusta Iannini e Bruno Vespa che si scambiano idee (ma in realtà sono d’accordo) sulla giustizia e sul giornalismo. L’unico cenno autoironico lo segnala l’Unità (14 dicembre). Quando Vespa auspica la separazione delle carriere, Iannini replica: “Il nome separazione ti evoca qualche sogno nel cassetto?”.
Insomma, uno “spottone” per la parte femminile del centrodestra, molta pubblicità mascherata per imprese e associazioni professionali ma, nello stesso tempo, una carellata vitale di storie e saperi di donne. Tutto il contrario del rituale vittimistico che spesso accompagna la pubblicistica femminile. Si dirà che si tratta della solita enfasi sulle donne in carriera, che tra le intervistate non c’è neanche un’operaia. E neppure una maestra. Tutto vero.
Comunque è una decisa rottura dello schema che ben descrive Marina Terragni su Io donna: quello per cui le donne sanno “legarsi tra loro nella miseria”, ma “se una ha le ali e prende il volo” subito la solidarietà si rompe. Non sappiamo se le donne di Nea siano complici tra loro, se dietro le spalle se ne dicano di tutti i colori, certo è che sulla rivista appaiono come una lobby di tutto rispetto.