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Se questi sono uomini

26 Settembre 2008
Uno stralcio dall'articolo di Bia Sarasini da Leggendaria n.70 "Maschi"
di Bia Sarasini

1. A che punto sono gli uomini? E i rapporti tra uomini e donne? Questa domanda, ricorrente dai tempi delle origini del femminismo, oggi si presenta sotto una nuova angolatura. A che punto è la questione maschile? È l’interrogativo esplicito, che sottintende un’affermazione chiara, posto da Lia Cigarini su Via Dogana (marzo 2008): «Nel declino della politica e nel degrado della società italiana comincia a trasparire una rimossa e irrisolta ‘questione maschile’», che si nasconde, a suo parere, proprio nella formula “crisi della politica”.

Sempre in marzo su Leggendaria (n.67/2008) a mia volta scrivevo di «naufragio della politica» e di «catastrofe maschile delle forme politiche del Novecento davanti ai nostri occhi» in una convergenza di analisi, anche se non di prospettive. La diagnosi di Cigarini si approfondisce ancora, ciò che viene occultato è quanto «l’inefficacia della politica sia da attribuirsi al disfarsi della genealogia maschile e del suo linguaggio, e al mancato confronto con l’altra e il suo sapere politico». È questo mascheramento che la spinge a parlare di questione e non di conflitto fra i sessi: «Il conflitto» spiega «è vitale e produttivo di senso; la questione, senza uno scatto di consapevolezza, può solo ingombrare la politica e può farlo anche per cento anni». Una previsione che inquieta, a distanza di mesi. Nulla nello scenario politico fa pensare a nuove consapevolezze, tantomeno a un confronto con “l’altra”, a parte richiami rituali alla “libertà femminile”. Speriamo che questa impasse duri meno di un secolo, ha commentato Ida Dominjanni sul Manifesto, visto «gli almeno quindici anni che ha già alle spalle».

Sarebbe una speranza per cui lavorare. Perché in gioco non c’è chi vince o chi perde nella politica-politica, quella della casta, per intenderci, che chissà perché dopo la vittoria del centrodestra è sparita dal centro del discorso mediatico. In gioco è la vita stessa, quella di tutti. In gioco è la possibilità di pensare che la vita individuale e sociale si possano ridisegnare, che il dominio più pervasivo, sottile e crudele, che controlla il corpo e invade la vita intima, quotidiana, il dominio degli uomini sulle donne – quello su cui si poggiano tutti gli altri poteri – può venire meno.
Non solo le vittime, le donne, si rifiutano di esserlo, sono in lotta, hanno smesso di identificarsi con la propria posizione di vittima, anche quando lo sono possono trovare le risorse simboliche, emotive, sociali per uscirne. Ci sono poi uomini, alcuni, disponibili a mettersi in gioco, a interrogarsi sulla violenza del proprio sesso, che non invocano il classico “e io che c’entro”, ripetuto per anni da tanti uomini “sensibili e di sinistra”.

Parliamo di uomini, allora. Di donne e uomini. Non c’è speranza più grande che pensarne il cambiamento. Si tratta né più né meno di pensare l’amore, l’amore come fonte della politica. Valutare gli ostacoli, vedere se è possibile rimuoverli. Rinunciare, anche, a sogni di autosufficienza. Dei maschi, che proprio perché si vedono sempre come gli unici attori in scena, occupano tutto lo spazio con il proprio declino. Delle donne, che sono fin troppo convinte di poter stare da parte, in un mondo – piacevole ¬ a propria misura.

2. È difficile spiegare perché la “crisi della politica” sia tutta a carico della sinistra. O almeno così appare, e non solo perché la destra ha vinto le elezioni. Sarà per via del «padre severo» e del «padre premuroso», i modelli elaborati da George Lakoff, linguista cognitivista prestato alla scienza politica, per identificare conservatori e progressisti. «Il modello del padre severo parte da una serie di presupposti» scrive Lakoff in Non pensare all’elefante – il mondo è un posto pericoloso e lo sarà sempre perché fuori c’è il male. La vita è difficile anche perché il mondo è competitivo. Ci saranno sempre vincitori e perdenti. Esiste la ragione assoluta e il torto assoluto. I bambini nascono cattivi, nel senso che vogliono fare solo quello che dà loro piacere, non quello che è giusto. Quindi vanno educati». anche con punizioni corporali. «Questa disciplina garantisce l’etica e la sopravvivenza, permette di rispettare i precetti morali, di perseguire il proprio interesse e di diventare autosufficienti. Le brave persone sono quelle disciplinate. Una volta cresciuti e diventati autosufficienti i bambini disciplinati devono cavarsela da soli».

Il genitore premuroso parte invece dall’idea che i bambini sono buoni «e possano diventare migliori. Anche il mondo può diventare migliore e nostro compito è farlo diventare tale. Il dovere dei genitori è educare i figli a diventare premurosi nei confronti degli altri. Ciò comporta due cose: empatia, cioè capacità di identificarsi con gli stati d’animo di un’altra persona e senso di responsabilità» da cui discendono altre idee di fondo, come protezione giustizia, benessere.

È evidente che il padre premuroso – ovvero i progressisti, ovvero la sinistra – hanno un compito complesso rispetto al monolitismo quasi dogmatico e interamente autoreferenziale del modello conservatore, che, di fatto non prevede l’esistenza dell’altro, degli altri.
Il padre premuroso appare facilmente debole, insomma femminilizzato.
Non sarebbe meno vulnerabile, il progressista, anche ai propri occhi di uomo, visto che di questo sesso Lakoff lo rappresenta, se si riconoscesse tale, in relazione con un mondo femminile (e di anziani, giovani, neri, persone di diverso orientamento sessuali) come modo di essere costitutivo della propria posizione? Senza cioé doversi fare carico della parola dell’altro?

E d’altro canto non è proprio il monolitismo del padre severo che porta scolpita nella parodia della propria corazza di guerriero la crisi del patriarcato e della politica?

Se è John McCain che nella campagna elettorale americana incarna il padre severo, può sfuggire che la forza a cui allude è incarnata dalla sua vice, l’incredibile pitbull col rossetto Sarah Palin?
Vincere le elezioni, conquistare donne bellissime molto autonome, come ormai fanno i potenti del mondo, è la riaffermazione del potere di sempre o la crepa rivelatrice, il sintomo che il maschio non ce la fa più, non può tenere da solo la scena del potere? Che ha bisogno di una lei visibile, come mai gli era successo da tempi lontanissimi?

«Cosa succede quando lui scala la torre e la salva?» chiede Richard Gere a Julia Roberts, in Pretty Woman (Garry Marshall, 1990). «Che lei salva lui» risponde Julia al ‘principe’ che soffre di vertigini.

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28 settembre
ore 17.30, Il Circolo dei Lettori
DIALOGO / Le Speranze dell’individuo
Uomini e donne. Violenza, amore, politica.
Una nuova speranza?
Dialogano ANNA BRAVO, MARCO DERIU,
ALBERTO LEISS e ROSETTA STELLA
Modera BIA SARASINI
In collaborazione con Leggendaria

Perchè tanti uomini sostengono di amare le donne, eppure sono
violenti, spesso fino all’omicidio? Alcuni uomini, riuniti nell’associazione
“Maschile plurale”, hanno deciso di rompere il silenzio
cominciando a parlare di sé, del proprio modo di vivere i
sentimenti, l’amore, la sessualità. È un modo per rimettersi in
gioco, aprendo nuove strade al dialogo fra uomini e donne per superare
la logica del dominio nell’intimità quotidiana. Non comincia
forse da qui la speranza per una nuova politica?

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