“C’è una rumena fantastica e una cinese che quando ha finito ti lava anche” confessa un manager a Repubblica (12 settembre). E’ uno dei tanti clienti delle prostitute, (un milione o forse quattro volte di più, a seconda delle stime), che racconta senza pudore. Dopo il varo in Consiglio dei ministri della legge di Mara Carfagna che fa diventare reato penale la prostituzione di strada, sui giornali è stato tutto un amarcord. Un vero trionfo della nostalgia dei bordelli, se a parlarne sono i più attempati.
Ma di che ti lamenti, dicono alcuni, è finita l’ipocrisia del politically correct femminista, si può parlare del sesso a pagamento senza vergognarsene. Il paradosso è che succede proprio nel momento in cui si minaccia la galera anche al cliente, quello più sprovveduto di indirizzi e di denaro. Se sei molto liberale puoi criticare il provvedimento del governo perché lo Stato non dovrebbe intervenire in una relazione privata.
Ma ammetti “che la prostituzione di strada non è una forma particolarmente gradevole di arredo urbano” (Alberto Mingardi, Il Riformista, 11 settembre). Se sei di sinistra o sincero cristiano, dirai che non ti importa niente del “decoro urbano” perchè il problema è la lotta alla tratta e, poeticamente, ti riferirai alle prostitute come a “lucciole” (Il Manifesto , 10 settembre). Se sei un attempato senatore, come Filippo Berselli, ricorderai la tua gioventù, quando “le ragazze non te la davano” e “bisognava arrangiarsi”. Se sei Mario Borghezio rimpiangerai le anziane prostitute di Torino che parlavano piemontese, “anche loro custodi della nostra identità” (Corriere della sera , 11 settembre).
Se sei Marco Travaglio andrai subito al sodo, e cioè la galera, e spiegherai che è un’illusione: “il carcere resterà sulla carta” . E non nasconderai il tuo disappunto (“Puttanate” si intitola il pezzo sull’Unità del 13 settembre). Chiunque tu sia dirai che quello delle prostitute è il mestiere più antico del mondo e che si chiamino cortigiane, lucciole o puttane “quella del sesso mercenario è storia che va avanti da millenni” (Giancarlo Dotto, La Stampa 12 settembre).
Quando sono le donne a parlarne di solito fanno notare che non ci sarebbe offerta senza domanda (maschile); o, più dottamente, che la prostituzione “è l’implicito che serve al simbolico del potere” (il paese delle donne on line ). Ma alla fin fine sono molte a pensarla come Mara Carfagna, che la prostituzione fa “orrore”, (e quindi abbastanza orribili sono le prostitute), e che almeno non si sia obbligati a vederle. E poi tutti quanti insieme davanti alla tv: c’è Ezio Greggio e le sue veline.