Ascoltate la scandalosa Simone Weil: “Quasi dappertutto – e anche, di frequente, per problemi puramente tecnici – l’operazione di prendere partito, di prendere posizione pro o contro, si è sostituita all’operazione del pensiero. Si tratta di una lebbra che ha avuto origine negli ambienti politici, e si è espansa, attraverso tutto il paese, alla quasi totalità del pensiero. Non è certo che sia possibile rimediare a questa lebbra, che ci sta uccidendo, senza cominciare dalla soppressione dei partiti politici”.
Castelvecchi ha ripubblicato con un certo tempismo lo scritto postumo di Simone Weil intitolato “Manifesto per la soppressione dei partiti politici”. Era uscito in Francia nel 1950, sette anni dopo la morte di Simone, ed era stato accolto entusiasticamente da Andrè Breton e dal maestro della Weil, Alain, in chiave antistalinista.
Ma Simone – pur avendo presente il modello negativo del partito comunista francese – criticava radicalmente il funzionamento di tutti i partiti, perché la loro disciplina di appartenenza e la loro tendenza a aumentare indiscriminatamente potere e consenso ne fanno strumenti intrinsecamente autoritari, che uccidono inesorabilmente la capacità di un individuo di elaborare pensiero.
“Se si affidasse al diavolo l’organizzazione della vita pubblica, non saprebbe inventar nulla di più ingegnoso”, scriveva mentre infuriava la seconda guerra mondiale.
Fa un certo effetto per chi – come noi – è stato educato all’idea che i partiti democratici sono stati la risorsa principale nella costruzione di una democrazia dopo il nazifascismo.
Però a ben vedere, a ben scavare, ritroviamo nel nostro animo e nel nostro cervello quell’insofferenza per il modo in cui questi partiti funzionavano.
Bisogna usare un tempo passato perché oggi – almeno in Italia – l’auspicio della Weil sembra essere stato esaudito. E’ tutto un distruggere i partiti. Occhetto ha dissolto il Pci. Tangentopoli ha distrutto la Dc e il Psi. Gli elettori hanno distrutto i partiti e partitini della sinistra. Per fare il Pd, un partito ancora assai incerto, che nemmeno ha le tessere, sono stati distrutti Ds e Margherita. Anche Berlusconi, da un predellino automobilistico, ha voluto distruggere la sua creatura, Forza Italia, per fare un Pdl dall’ancora vaga consistenza. Forse solo la Lega di Bossi sembra avere la vocazione e la consistenza di un partito vero e proprio. Ma guardando la Lega verrebbe da aderire senza troppe esitazioni al “manifesto” di Simone…
E che dire delle logiche autodistruttive che sta mettendo in scena il congresso di Rifondazione?
Mi è venuta in mente una cosa che ripeteva un mio zio comunista, tantissimi anni fa. Già allora si diceva che “in Italia ci sono troppi partiti”, e lui ricordava una frase di Benedetto Croce (non ho mai verificato la citazione), secondo la quale le cose sarebbero andate bene quando in Italia ci fossero stati 50 milioni di partiti.
Forse qualcosa di simile ai partiti è ancora indispensabile per rianimare una democrazia precipitata nella miseria (soprattutto maschile) di un avanspettacolo – come scrive Letizia Paolozzi – di pessima qualità. (Secondo Libero siamo ormai alla “pornopolitica”).
Per quanto mi riguarda vivo bene da tempo anche senza stare in un partito. E il partito che vorrei, tanto per cominciare, dovrebbe imporre ai propri iscritti e sostenitori la lettura e la discussione dell’inesorabile manifesto di Simone Weil.