Rosa / Nero

uomini e donne nella cronaca di tutti i giorni

Verginità, una qualità essenziale?

6 Giugno 2008
di Franca Fossati

Lui ha 30 anni, è ingegnere. Lei ne ha poco più di venti, studentessa. Sono due musulmani francesi. Decidono di sposarsi. La sera delle nozze, mentre gli invitati stanno ancora festeggiando, i due hanno il loro primo rapporto sessuale e lui scopre che lei non è vergine. Non ci sono lenzuola macchiate di sangue da mostrare ad amici e parenti. Il padre dello sposo, quella stessa notte, riaccompagna la ragazza dai suoi genitori. Lo sposo chiede l’annullamento del matrimonio perché la sposa ha mentito sulla sua castità. Il Tribunale di Lille lo concede.
La notizia, scovata da Libèrationsu una rivista giuridica, (la sentenza risale allo scorso aprile), viene pubblicata il 29 maggio e rimbalza su Repubblica il 30 maggio. L’articolo 180 del Codice civile francese recita così: “Se c’è errore sulla persona o su qualità essenziali della persona, l’altro coniuge può chiedere la nullità del matrimonio”. La domanda è: la verginità va considerata “qualità essenziale” della persona? In Francia infuria la polemica.
La prima a indignarsi è Elisabeth Badinter: “La sessualità delle donne è affare privato e libero in Francia”. Il rischio, aggiunge la filosofa, è che dopo questa sentenza molte giovani musulmane corrano negli ospedali a farsi ricostruire l’imene.
S.O.S. Racisme parla di “umiliazione pubblica” della ragazza; l’associazione Ni putes ni soumises (né puttane, né sottomesse) dice che “è una fatwa contro la libertà delle donne” (Il Manifesto, 31 maggio). La giurista Caroline Mecary osserva che nessuno chiede a un uomo di essere vergine. Anche perché non potrebbe dimostrarlo (Libèration).
“Il matrimonio resta così uno spazio di controllo del corpo delle donne” aggiunge la filosofa Nathalie Rubel (Il paese delle donne on line). Ségolène Royal dice al Journal du dimanche che si tratta di un pessimo segnale di regressione per tutte le donne. Ma anche politici di centrodestra auspicano che la sentenza sia appellata e che la legge venga cambiata.
Solo Rachida Dati, Ministra della Giustizia, in un primo tempo, difende la scelta dei giudici: “Hanno applicato la legge”. E aggiunge, con evidenti riferimenti autobiografici: “Annullare un matrimonio è anche un modo di proteggere la persona più debole. Forse anche la ragazza voleva liberarsi di quel matrimonio”. Per l’avvocato dello sposo “disonorato” il nodo giuridico non è la verginità, ma la menzogna.
Il 2 giugno anche Rachida Dati si convince e chiede che la sentenza sia cancellata con il processo di appello (Le Monde): “Questa vicenda privata va oltre la relazione tra due persone e riguarda l’insieme dei cittadini del nostro paese, in particolar modo le donne”.

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