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Le infinite discussioni su prostitute e aborto.
Un paragone indecente?

11 Giugno 2008
di Silvia Neonato

Città con zone a luci rosse, espulsione dall’Italia delle prostitute che lavorano per strada, multe ai clienti per intralcio alla circolazione, ergastolo per i trafficanti di esseri umani.
È il ministro degli Esteri Franco Frattini a pronunciarsi per ultimo – con la proposta dell’ergastolo – su un argomento che scalda sempre gli animi. Però da noi, tutto è fermo dalla legge Merlin del ’58. Abolito il reato di prostituzione e chiusi i bordelli, si fa solo un gran parlare mentre negli altri Paesi la legislazione si è adeguata alla globalizzazione del sesso mercenario, irrigidendo norme e controlli per contrastare la brutale tratta di esseri umani.

Finalmente anche da noi si cominciano a fare gli indispensabili distinguo tra le donne maggiorenni che decidono di fare le prostitute e le tante minorenni (e maggiorenni) indigenti, prima acquistate dai trafficanti internazionali nei loro Paesi presso familiari, fidanzati e mercanti , poi pestate, violentate, ridotte in schiavitù e vendute sul mercato del sesso italiano. Vite d’inferno contro cui hanno lottato preti e laici – don Benzi e il sindaco del Pd di Padova Flavio Zanonato – riuscendo a strappare ai loro torturatori tante ragazze.
Accade spesso che i poveri del mondo, i marginali, i disgraziati, siano considerati tutti uguali, mentre a benestanti, integrati e normali è riconosciuto (anche) il privilegio di esseri diversi e avere problemi e sensibilità diversi. Le prostitute naturalmente no, sembra che sia uguale pagare una donna che lavora in una zona dove lo Stato può controllare come vive oppure “abusare di ragazze trovate per strada” fingendo di non sapere che sono “vittime del traffico di esseri umani” : sono parole del ministro Frattini che ci ricorda che le vittime sono le prostitute. Sempre il ministro tira in ballo, giustamente, anche i clienti visto che le prostitute fanno sesso con chi le paga.

Chi chiede le zone a luci rosse mette quasi sempre al primo posto l’ordine sociale e il controllo sanitario. Problemi molto importanti. A me pare però che l’emergenza primaria per tutti, madri, mogli e figlie di clienti di prostitute comprese (sono circa dieci milioni le prestazioni sessuali vendute ogni anno in Italia. Possibile che quasi nessun uomo ammette di accoppiarsi a pagamento?) dovrebbe essere quella di non vedere schiavizzate donne e ragazzine, anche di 13 anni. Sulle strade e negli appartamenti, poco cambia.
In Italia si discute sempre di massimi sistemi, ma non piace quasi a nessuno affrontare i problemi e governare i conflitti. Così si dibatte di diritti del feto piuttosto che di come finanziare l’aggiornamento professionale delle educatrici dei nidi. Così con le prostitute: molti credenti, ma non don Gallo ad esempio, non vogliono sentire parlare di controlli statali, tasse e zone a luci rosse perchè auspicano l’abolizione del meretricio.

Ma ci sono anche molti laici che volendo redimere o rieducarle (come accadde in Vietnam dopo la guerra) a tutti i costi rifiutano ogni regolamentazione. Eppure sono le dirette interessate a chiederlo: Pia Covre, ex prostituta, oggi segretaria del Comitato per i diritti civili delle prostitute, si augura la loro autogestione, ma in cooperativa e all’interno di una normativa statale che le tuteli.

Il paragone sembrerà indecente a molti, ma a me sembra di assistere al dibattito sull’aborto. Chi attacca la legge 194 sostiene che averlo legalizzato significa legittimarlo. Chi la difende, sostiene al contrario che il problema esisteva ben prima della legge del ‘78 e che la clandestinità provocava la morte di tante poverette finite sul tavolaccio di mammane spesso dotate solo di aghi da calza. La legge ha fatto diminuire le morti, il degrado e il numero degli aborti. Non è questo che deve fare una democrazia? Prevenire, se possibile e se no controllare che un evento problematico o luttuoso si svolga nella legalità e nel rispetto dei diritti individuali ?

E poi smettiamo di chiamarlo il mestiere più antico del mondo. Il primo e più diffuso è quello di casalinga.

L’articolo è comparso sul Secolo XIX il 9 giugno 2008

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