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La guerra delle copertine

27 Febbraio 2008
di Franca Fossati

Le donne sono di sinistra e i bambini di destra? Così sembrerebbe, se si mettono a confronto le copertine dei due principali settimanali italiani, proprietà di editori da sempre rivali, nel businnes come nella politica. “Sempre e solo donne” è il titolone dell’inchiesta dell’Espresso, che spiega: “Tutti le vogliono. Dalla politica ai media. Ma vengono discriminate e costrette a difendere la 194”. Volto di donna in primo piano, volto bello, quasi normale, niente cosce, né natiche, nè seni prorompenti. Quasi in risposta, tenerissimo, avvolto in una copertina bianca (così resta indefinito il sesso) il neonato sulla copertina di Panorama. “Questi bambini non dovevano nascere”, recita il titolo. Il sommario spiega: “A volte bastano 300 euro, i pannolini in regalo e un aiuto psicologico per non abortire.”

Nel magazine debenedettiano si racconta come le ragazze italiane siano le più brave a scuola ma ultime nel lavoro, facciano pochi figli ma ne desiderino il doppio, lavorino in casa ogni giorno quattro ore più degli uomini e usufruiscano di servizi sociali tra i più scadenti dell’Europa ricca.
Il Centro di avviamento alla vita (Cav) della clinica Mangiagalli di Milano è al centro del servizio di Panorama. Principale intervistata è Paola Bonzi, fondatrice del centro e prima candidata della lista “contro l’aborto” di Giuliano Ferrara. Oltre a lei parlano alcune donne che hanno rinunciato all’interruzione di gravidanza grazie agli aiuti ricevuti. Nonostante la contrapposizione delle copertine sembra evidente che le due inchieste potrebbero stare l’una accanto all’altra, sullo stesso giornale.
Si parla di donne (mancate) procreatrici dappertutto. Di “sindrome postaborto”, per esempio, scrive la psicologa Cinzia Baccaglini, due paginoni, molto tecnici e molto edificanti, su Il Foglio (24 febbraio). Con parole più semplici allude agli stessi problemi Vanity Fair in un servizio titolato “Ma come sarebbe stato mio figlio?”.

Ne viene fuori che l’“indifferenza” femminile rispetto all’aborto è un’invenzione molto ideologica. Come scrive Amanda, in una lettera a Donna moderna, “le donne che abortiscono hanno i loro dolorosi motivi”. Ma oramai gli slogan elettorali, gli anatemi reciproci, l’ipocrita femminismo di tanta sinistra e l’altrettanto ipocrita familismo di tanta destra ha preso il sopravvento. Peccato. Perché “se tutti e tutte convenissimo che il primo punto di conflitto è intorno alla libertà femminile e alla responsabilità di scegliere che ne discende, la discussione potrebbe (avrebbe potuto, ndr) prendere un altro corso” (Bia Sarasini, www.donnealtri.it)

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