Il dibattito sull’aborto continua, quasi a senso unico. Nonostante le rassicurazioni che vengono dalla stessa Chiesa cattolica sul fatto che nessuno voglia abrogare la legge 194, tra donne, anche tra quelle che avevano preferito tenersi fuori dallo scontro ideologico, cresce l’inquietudine.
Mariella Gramaglia su Micromega , in una lunga conversazione con la redattrice Cinzia Sciuto, individua due possibili effetti di questa campagna, tutti e due negativi. Il primo: “la possibilità che nascano dei vendicatori”, quelli che minacciano e talvolta uccidono i medici che praticano aborti (come è già successo negli USA). Il secondo: che un clima culturale esasperato faccia crescere l’obiezione di coscienza e trasformi le donne “da cittadine a mendicanti di un’assistenza che non è più un diritto, ma elemosina”.
Si stupisce Livia Turco, intervistata su Io donna da Maria Teresa Meli: come può Giuliano Ferrara, che è “intelligente e onesto”, “impostare una campagna sul rilievo morale del problema dell’aborto prescindendo dal principio etico della responsabilità femminile”? La legge 194 è saggia e lungimirante, dice, anche riguardo all’aborto terapeutico.
Poco convinte dell’utilità della proposta di moratoria sono anche le partecipanti alla tavola rotonda pubblicata su Liberal (26 gennaio). Paola Tavella, Alessandra Di Pietro, Eugenia Roccella, Assuntina Morresi, Paola Bonzi non sono culturalmente omogenee. Le prime tre, con una storia femminista alle spalle, sono preoccupate dei rischi eugenetici degli aborti tardivi e della tecno scienza “che sposta il problema della maternità fuori dal corpo femminile”; la Morresi, cattolica militante, è membro del Comitato nazionale di bioetica e Paola Bonzi, cattolica, è fondatrice del Centro di aiuto alla vita della Mangiagalli di Milano. Tutte però riconoscono di essersi sentite estranee alla campagna sulla moratoria.
Perché, “volenti o nolenti”, “questa discussione ha finito per colpevolizzare le donne”(Roccella); “una discussione fra uomini fatta in perfetto stile maschile” (Tavella); “un dibattito ideologico, sterile e imbarazzante” (Di Pietro); “non ho mai usato la parola omicidio. E’ un modo di esprimersi che mi inquieta” (Bonzi); “l’ultima cosa che vorrei è che si tornasse al clima di intolleranza e di scontro di trent’anni fa” (Morresi).
Un contributo indiretto a queste riflessioni lo ha dato anche Rita Querzè sul Corriere della sera (27 gennaio) che ha fatto un bilancio della legge sui congedi di paternità. Quanti sono i padri che ne usufruiscono? Quattro su cento.
Questa rubrica è uscita anche su “Europa”