Merci / Desideri

produrre e consumare tra pubblico e privato

Figlie di Minerva?

1 Agosto 2007
di Monica Giovannoni

Affrontando il tema soldi e donne, donne e lavoro mi sono resa conto che oggi la differenza femminile è il fattore più dinamico del mercato del lavoro e potenzialmente il più innovativo del modo di lavorare e questo apre sempre a nuove contraddizioni e nuove domande.
Nella femminilizzazione del lavoro di oggi c’è infatti una grande potenzialità, forse unica per modificare le leggi del mercato, legata appunto alla visione che le donne hanno del rapporto con soldi e lavoro che evidenzia tra le altre cose anche aspetti tutti da indagare come ad esempio la fatica che le donne fanno ancora a negoziare, la fatica che le donne fanno a chiedere, un modo di agire questo che include spesso anche il fattore ghosting per cui se è vero come è vero che i luoghi di potere qui in Italia principalmente sono abitati da uomini, è anche vero che questi luoghi non sono ambiti dalle donne. Non sempre prevale infatti nel mercato del lavoro l’adattamento femminile, molto spesso si tende a non adattarsi, a scoprire il “valore” di una posizione periferica. Nell’esperienza lavorativa di molte donne il tornaconto finanziario, i soldi, non stanno al primo posto. Tra gli altri aspetti ancora tutti da indagare c’è quello delle responsabilità lavorative: che per alcune donne è fonte di piacere, per altre però, per la maggior parte, comporta stress e disagi. Avere la responsabilità lavorativa di altre persone è a volte difficile, molte donne si lasciano coinvolgere emotivamente nelle relazioni e in più a questo si aggiunga la difficoltà che spesso incontrano nel delegare.
Quando parliamo del lavoro delle donne, oggi, parliamo di lavoro in generale, di tutti, uomini e donne, senza specificazioni. Ciò significa che l’occasionalità e la marginalità che hanno caratterizzato il lavoro femminile in passato sono scomparse. Ciò cui stiamo assistendo è un forte indebolimento dell’antica divisione tra sfera produttiva (maschile) e sfera riproduttiva (femminile), questo parziale superamento della divisione tra sfera produttiva e sfera riproduttiva non ha annullato lo specifico legame che le donne hanno con la vita e con il lavoro di cura. Diverso è il punto di vista delle nuove generazioni: un gruppo di trentenni, interrogate sulle loro priorità tra lavoro fuori casa e lavoro di cura in casa, hanno risposto rifiutandosi di fissare alcuna priorità. E affrontando anche in modo abbastanza differenziato il problema della maternità, altro aspetto che riporta dati contrastanti all’interno della narrazione che le donne sul tema.
Ho letto con estrema attenzione alcuni scritti di Adriana Nannicini, su CONTENUTO vs CONDIZIONI lavorative femminili. Il CONTENUTO inteso come area nota e esplicitata in cui è possibile identificarsi, che sempre più oggi necessita di qualità e specificità tradizionalmente connesse alla sfera femminile dell’esistenza.
E‘ sull’elemento CONDIZIONI e sulla divaricazione tra identità e reddito che le ultime generazioni hanno tirato una riga netta separando il lavoro marchetta dal lavoro passione, il primo serve a rispondere ai bisogni materiali: affitto, mutuo, mangiare, quello che le spersonalizza e che offre CONDIZIONI orribili.
Il secondo è quello che non genera denaro ma identità e in alcuni casi appartenenza. Ecco, le nuove generazioni, per risolvere il conflitto Contenuto vs Condizioni hanno la necessità (il peso?) di dover diversificare: il lavoro passione, spesso lo fanno di sera, nel tempo rubato alle ore diurne scandite da ritmi serrati, esplicando una non appartenenza verso un mercato formale che non lascia libere le donne di progettare cambiamenti professionali e di vita e di luogo mentre la tendenza creativa delle nuove generazioni segue i luoghi dove questa maggiormente si sviluppa e pretende la libertà di poter agire un cambiamento che non le ingabbi in percorsi prestabiliti che non generano identità ma solo profitto. (…)
Le interazioni tra vita professionale e vita personale assumono una visibilità nuova e cruciale. Un tema per tutti appare centrale in questo mercato del lavoro: la capacità di stare nelle situazioni di transizione, che ripropongono ambiti di esperienza tipicamente femminili. Da sempre infatti, le donne si sono trovate a sviluppare strategie e abilità per gestire le intermittenze tra vita personale e vita lavorativa, tra produzione e riproduzione. Capacità queste che vengono di solito recuperate in un’azienda soprattutto dal punto di vista commerciale.
PERICOLO: il pericolo è quello di trovarsi assimilate nel desiderio del cliente al posto di differenziarci, pensare insomma sempre più spesso mettendosi nei panni dell’altro con il pericolo di non saper più riconoscere i propri panni.
Tutte queste situazioni e queste relazioni con il potere sono legate all’agire politico delle donne che è radicalmente differente dal paradigma politico in corso.
Faccio un esempio: le donne sono letteralmente fatte a pezzi dai tempi del lavoro fuori casa e dal lavoro di cura in casa. Ciò da una parte le costringe a interrogarsi sulla percezione di tempo e spazio, sulle aspettative di vita, sulla percezione del denaro e sul senso del lavoro; dall’altra parte il fatto che le donne portino al mercato le relazioni di cura rende visibile ciò che eccede il profitto e quindi rende possibile l’inizio di un cambiamento dell’organizzazione del lavoro. E mette in discussione le forme di lotta e di organizzazione maschile, donne e uomini hanno infatti bisogni molto differenziati.
Per questo è un atto preciso della politica elaborare un nuovo «lessico» sul lavoro, elaborare categorie, partendo da questo processo tutto al femminile che aspira all’interpretazione, alla significazione, per poi sfociare nell’azione politica appunto. In questi ultimi dieci anni quindi, alcune donne, per capire che cosa stava loro capitando e che cosa stava capitando nel mondo del lavoro, hanno ripetuto il gesto del femminismo delle origini di riunirsi in gruppi per parlare del lavoro interrogandone il senso a partire da sé insieme ad altre donne e ripensandolo da capo così come stiamo facendo noi oggi. (…)
Se le donne rifiutano la misura dominante e maschile del lavoro: maggior guadagno, carriera, competizione sfrenata, se cercano più agio, qualità e senso del lavoro, relazioni interpersonali soddisfacenti, tempi più elastici, se le donne fanno fatica ad adattarsi al modo di lavorare del modello maschile gerarchizzato e competitivo, devono fare rete e creare delle condizioni migliori. (…)

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