Rosa / Nero

uomini e donne nella cronaca di tutti i giorni

Vecchie e Giovani
Un conflitto inutile?

31 Maggio 2007
di Rosetta Stella

Se non ricordo male Claudio Vedovati, intervenendo in uno di gruppi riuniti nel corso dell’incontro sulle “Esperienze di relazioni tra uomini e donne“ ha detto qualcosa del tipo “Io non avrei nulla da perdonare alle donne, anzi, mi sento da loro bene accolto…“.
Si stava discutendo di “perdono“ o “pentimento“ nei rapporti tra i sessi, con l’aggiunta sostitutiva della parola “responsabilità“ da parte di Alberto Leiss. Il tutto sotto l’aleggiare minaccioso delle diversità generazionali che, non ho capito se nella situazione attuale in genere o in quel contesto in particolare, soffrirebbero di poco ascolto e poca considerazione soprattutto da parte delle “vecchie e gloriose” femministe.
Anch’io sono intervenuta, in maniera reattiva (come è ovvio) nei lavori di gruppo. Però a Letizia Paolozzi è sembrato che il mio intervento fosse utile e degno di memoria scritta sollecitandomene la stesura. Perciò provo ora qui a metterlo in pulito.
Penso che Claudio abbia ragione. Le donne amano gli uomini più di quanto essi le corrispondano e spesso mostrano (ancora!?!) di essere dipendenti da loro nel privato delle proprie esistenze come anche nel pubblico. Così che, spesso gli uomini si trovano, anche senza merito, a godere di questo vantaggio.
Partendo da questo presupposto, la questione della Differenza va presa di petto secondo un diverso ordine del discorso se la si dice “tra“ i sessi oppure “dei“ sessi.
L’una mette a fuoco ciò che passa “tra“ una donna e un uomo nella relazione, mentre l’altra sottolinea “ciò che fa la differenza“ sia essa femminile e maschile e che entra in gioco, anche senza passare, nella relazione, anzi il più delle volte senza passare, perché magari non è stata sufficientemente pensata o lo è stata in maniera dissimmetrica.
I due ordini andrebbero distinti e non confusi, anche quando sembrano sovrapposti. Direi anche che spesso lo sono di fatto, sovrapposti, nel corso delle esperienze vissute, ma ciò non toglie che debbano essere tenuti distinti se ci si ragiona.
Ora, stando alla differenza “dei sessi“, nei confronti del perdono e delle diversità generazionali sembra che gli atteggiamenti dell’una o dell’altro sesso siano dissimili.

Se da una parte sembra vero che gli uomini abbiano poco da perdonare alle donne ed anzi debbano loro gratitudine – queste infatti mettendoli al mondo, li hanno consegnati ad un ordine e a una legge, quella del padre, ad essi congeniale e soprattutto vincente, facendosene tramite “naturale” – dall’altra, la riconoscenza delle donne per quelle altre donne che le sono state madri è faccenda tutt’altro che lineare, anche se assolutamente necessaria per potere magari soltanto cominciare a concepire la propria libertà da quello stesso ordine e legge.
Esse, di partenza diciamo così, perdonano la madre con una certa difficoltà. Essendo state consegnate ad un ordine simbolico che tutto sommato le prevedeva solo in funzione di madri oblative e al servizio di maggior gloria maschile.
Il pensarsi come nati sotto un cavolo è più facile per le donne che per gli uomini paradossalmente. E infatti gli uomini mettono la Madre sull’altare il più delle volte, mentre le donne sempre ricominciano da capo nella inesauribile riscoperta della stessa.
Non a caso la questione delle diversità generazionali viene evocata come problema più dalle ragazze che dai maschi nei nostri convegni di adulti ragionanti. Esse sentono come un peso aggressivo la presenza delle “vecchie” se queste non assumono un atteggiamento di ascolto maternale rispetto ai loro sforzi di rendersi appetibili d’attenzione perché stanno faticando a farsi strada nel mondo, tutto sommato, ciascuna da sola. Va rispiegato ogni volta che il problema è tutto per loro, come lo è stato per le vecchie quando erano giovani nei confronti delle “madri”. E’ problema di riconoscimento dell’autorità che agisce tra dispari per le esperienze accumulate e per i saperi conquistati alla coscienza, per i quali non sarebbe necessario che ogni giovane debba rifare tutta la strada se l’ordine della madre trovasse libera dicibilità nel mondo dei due sessi. Se cioè fosse azione consapevole e condivisa la messa a punto continua di un dispositivo del riconoscimento, che costruisca genealogia femminile in regime di libertà. Per farlo funzionare, questo dispositivo, secondo un andamento virtuoso, cioè amando in esso la funzione di farci vedere più chiaramente come stanno le cose.
Oggi è vero che il mondo è diventato abitabile da entrambi i sessi con la dovuta signoria, però l’accoglienza resta diversa se ancora la legge del padre riserva ai suoi simili fiducia sulla base di un giudizio di affidabilità e di misura conseguente alla continuità dell’ordine che si vorrebbe ancora dominante.
E così purtroppo sembra presentarsi ancora la scena della politica.
Gli uomini continuano a fidarsi di più dei propri simili anche se ormai raccontano ogni momento la storia del doversi orientare verso le “virtù salvifiche” delle donne…, sennò non sono abbastanza democratici, e le donne continuano a non fidarsi delle altre – nel segreto dell’urna continuano a non votarle per es. – , anche se rivendicano il 50e50 con petulante recriminazione.
Tuttavia, in questo fantastico regno del verosimile che è diventato il mondo della politica in generale, ormai sembra entrato nel senso comune quello che si sbandiera a tutto campo e cioè: “Donna vince“. O meglio ancora: “Madre vince“. Se soltanto gli uomini imparassero a mettersi un po’ da parte.

Sarà pure vero, però, perché le donne, quelle in carne e ossa, quelle che “non votano donna” continuano a metterci la tara?
Non sarà perché, sotto sotto, è come se sapessero di una certa inaffidabilità femminile, quando si va troppo prossime ai modi strumentali degli uomini? E una donna ,a un’altra donna, questa cosa proprio non gliela perdona. Non si fida. Riemerge quella diffidenza ancestrale nei confronti della madre? Forse. In un certo senso sa che non è tutto oro quel che luccica – la Madre non è buona per qualità ontologica infatti – e che quella da un momento all’altro, potrebbe tradire come niente fosse.
Sembrano meglio per il cuore delle donne, invece, proprio quelle che sono portate dagli uomini, purchè questi mantengano saldo il timone del comando. Che so? Le ministre cooptate nei governi, magari in misura numerica paritaria. Quelle di Zapatero o adesso di Sarkozy ci esaltano di più di chi si candida in prima persona.
Carta vincente infatti nella situazione attuale, paiono quelle che l’uomo potente coccola, vezzeggia, propone a modello. Quelle che sceglie e innalza. Perché, si sa, che in politica, alla fin fine, in parità di condizioni, è sempre un Lui che vince, anche se donna donna come la Segolene.
Allora, come la mettiamo per concludere? Io la metterei così: E’ necessario, di questo non ho dubbi, provarsi a sperimentare con serietà pratiche di relazione nella differenza dei sessi.

Penso altresì che questo debba significare anche la libertà di dirsi la verità, le une alle altre, come gli uni agli altri, in presenza accettata del sesso differente. Possibilmente con un rispetto amorevole, questo sì, reciproco. Ammettendo gli scacchi e le responsabilità, non tanto di un sesso verso l’altro, che… va bene, anche questo serve…ma soprattutto verso il proprio, allo scopo di mostrarsi parlanti una lingua libera, la quale possa inaugurare davvero e in maniera concreta, una civiltà più sana di donne e uomini. Senza bisogno di omaggi gratuiti o di inutili e fasulle rappresentazioni di sé tutte volte al consenso reciproco.
Conflitto c’è, e tanto, da tutte e due le parti. Buona volontà, pure.

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