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relazioni politiche, dal quartiere al mondo

Il buon governo si addice alle donne?

23 Aprile 2007
di Silvia Neonato

Il dato più scontato è che una persona su quattro – cioè 250 maschi e femmine sui mille interpellati dal sondaggio commissionato a Genova e provincia dall’associazione “Valori in rosa” – pensa che “le donne non votano volentieri le donne”.
Senza differenza di parere tra maschi e femmine, un genovese su quattro ospita insomma in sé l’antica idea sempre attuale che le donne non stimino le altre donne. E tanto meno che le votino.
Il 27 maggio si vota per il sindaco e la candidata del centro sinistra a sindaco è l’europarlamentare diessina Marta Vincenzi. Anche per la Provincia è in lizza una donna, Renata Oliveri che rappresenta invece il centro destra, anche se difficilmente ce la farà, a differenza di Marta Vincenzi. Due candidate nella stessa tornata elettorale a Genova non si erano comunque mai viste. E direi che sono un caso anche nel panorama politico italiano attuale.
Data per scontata l’idea che le donne non votano le donne, ecco però che per la prima volta viene fuori che la maggioranza voterebbe tranquillamente una donna: il 53 per cento infatti non attribuisce nessuna importanza al sesso, una volta eletta non ci sarebbe differenza, dicono. Sempre alla maggioranza risulta addirittura fastidiosa la domanda se una donna sarebbe meglio o peggio: la differenza va valutata sulle capacità, non sul sesso.
Pochi decenni fa ben pochi si fidavano di donne chirurgo oppure alla guida di un aereo o di una città di seicentomila abitanti.
«Ritengono quasi offensiva la domanda», spiega Giorgio Sacchi, che ha diretto la ricerca fatta dalla società Bes Service, tra il 3 e il 10 aprile, sul quesito: il buon governo si addice alle donne? Sacchi, che insegna metodologia all’università di Genova e da vent’anni fa ricerca sociale, sottolinea che il campione è molto vasto e che l’intervistato era libero di esprimere anche i propri pareri oltre a rispondere alle sette domande che indagavano appunto il parere dei genovesi sulle quote rose, sulle capacità di governo femminili e sulle aspettative verso le candidate.
«La maggioranza ritiene che la differenza è tra stupidi e intelligenti e non tra uomo e donna. Si nota persino a proposito delle quote rosa: il 30 che si dichiara contrario, una minoranza – spiega Sacchi- lo è soprattutto perché non vuole il ghetto. Sono felice di constatare la maturità dei genovesi nel ritenere le donne capaci di governare la cosa pubblica. Se al 53 per cento di indifferenti aggiungiamo il 23 chi non sa rispondere, quasi l’80 per cento di persone giudicano simili gli uomini e le donne».
Fine della differenza tra sessi come ha scritto anche l’ultimo numero della rivista della Libreria delle donne di Milano?
Le donne sono sempre più determinate e puntano al potere come i maschi che invece riscoprono il loro lato femminile (nella vita privata, non in quella pubblica, sia ben chiaro). Commenta Marina Acconci, coordinatrice di “Valori in rosa”: «La differenza tra noi e gli uomini è una ricchezza, per la società e per la politica, un elemento che può rinnovare la democrazia. Un buon governo non è tale se le donne tendono a omologarsi agli uomini».
Appunto. Ma in effetti le candidate sono spesso le prime a non puntare sul loro essere donne, almeno in Italia.
Eppure a studiare meglio il sondaggio emerge una contraddizione. Si risponde che il sesso è indifferente, che una lista politicamente corretta per metà di maschi e di femmine è irrilevante per il 53 per cento, ma alla domanda: cosa ti aspetti da una donna eletta in Comune o Provincia?, viene fuori che c’è una forte aspettativa verso alcuni lati tradizionalmente femminili. Il 22 per cento si aspetta infatti che sia più vicina alla gente (cioè che eserciti la femminile capacità di ascolto), il 18 che sia più sensibile ai problemi della famiglia (leggi la vita quotidiana, ciò di cui l’elettore parla davvero) e il 10 più onesta.
Insomma lo stereotipo –smentito dai dati – che “le donne non votano volentieri altre donne” è temuto anche dalle candidate. Marta Vincenzi lo ha ripetuto spesso durante la campagna elettorale di temere il non voto delle donne. Forse però occorre che le politiche meditino su quelle richieste in più che gli elettori ambo sessi fanno loro. La differenza femminile scacciata dalla porta sembra rientrare dalla finestra: non risulta ininfluente nell’aspettativa degli elettori. Affatto.

PS. L’associazione senza fini di lucro “Valori in rosa” è costituita da un gruppo di liguri coordinate da Marina Acconci per promuovere le pari opportunità e combattere gli abusi sessuali, fa consulenza legale e psicologica (Via Assarotti 15, tel. 010 8396676).

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