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Alina Marazzi, un’intervista

15 Marzo 2008
di Bia Sarasini

È un bel regalo per l’otto marzo il film di Alina Marazzi “Vogliamo anche le rose”.
Attraverso materiali d’archivio, vecchie inchieste, anche filmini amatoriali, tutti rielaborati e ri-montati dalla regista insieme a Ilaria Fraioli, racconta il cambiamento delle donne e degli uomini negli anni sessanta-settanta. Non le solite manifestazioni, non le solite date che scandiscono gli anni della rivolta giovanile e femminista.
«Non mi interessava fare una cronologia, mi interessava la storia intima, interiore, il modo in cui quelle ragazze, e anche quei ragazzi, hanno messo in discussione la loro vita. Credo che sia importante per noi oggi, nel nostro presente, fare un passo indietro per guardare il futuro».
Alina Marazzi è nata nel 1964, non ha mai avuto un rapporto politico con il femminismo: «Mi sono iscritta al liceo a Milano nel 1979, del movimento c’erano ormai gli ultimi strascichi, poi sono stata vent’anni a Londra».
Il rapporto con le donne Alina l’ha trovato con il bellissimo “Un’ora sola ti vorrei», nel 2002 menzione a Locarno e premiato al Torino FilmFestival, dedicato alla madre morta suicida nel 1972. «Alcune ne hanno dato una lettura femminista, vi hanno visto la sofferenza di una donna chiusa nel suo isolamento». La chiave fondamentale sono tre diari trovati nell’Archivio nazionale di Pieve Santo Stefano. Anita, Teresa, Valentina sono le voci narranti del film, rielaborate dalla scrittrice Silvia Balestra e affidate a tre giovani e brave attrici, Anita Caprioli, Teresa Saponangelo, Valentina Carnelluti. La difficile scoperta della sessualità di una ragazzina milanese, un aborto drammatico e doloroso, e poi Valentina, che rompe con il marito: «Se resto qui non riuscirò a fare le cose che mi piacciono».
Il film è quasi prodigioso nel cogliere lo spirito di un’epoca spesso derisa, i sentimenti autentici di una generazione che ha messo sottosopra le proprie vite. Lo sguardo di Alina Marazzi vola oltre pregiudizi e stereotipi: «In quegli anni c’è stata un’accelerazione, ma trent’anni non bastano per assimilare cambiamenti così profondi. Abbiamo bisogno di pensarci su». Il film, prodotto da Mir Cinematografica con Raicinema, è distribuito da Mikado in circa 20 sale. Una bella scelta

Questo articolo è già uscito sul Secolo XIX

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