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Rubygate, le donne che non firmano

3 Febbraio 2011
Pubblicato il 2 febbraio su "Europa"
di Franca Fossati

Non firmo l’appello “ora basta” della direttrice dell’Unità (19 gennaio) e non vado alla manifestazione (quella di sabato 29 gennaio): lo ha scritto la filosofa femminista Luisa Muraro in una lettera a una giovane amica. “Sono molto critica –dice – verso la separazione fatta da Concita De Gregorio fra quelle che non si prostituiscono, alle quali lei si rivolge, e quelle che si prostituiscono, escluse da ogni considerazione”. Inoltre “l’indignazione contro la miseria sessuale di uomini al potere deve venire principalmente da uomini a loro vicini, se hanno il senso della decenza…” (libreriadelledonne.it).
Dietro i comprensibili e legittimi appelli all’indignazione organizzata, come quelli reiterati su Repubblica, al riparo dalle grandi testate che lo ignorano, si svolge un dibattito appassionato e spregiudicato sul rapporto tra sesso e potere. Silenzio delle donne? Mai state zitte, ribattono le redattrici di ingenere.it. “Andare in piazza per dire “non sono una prostituta” ma una giornalista la sento come una miseria troppo grande per una donna (…). Mi sentirei ritirata indietro in una miseria femminile che non c’è più, se mai c’è stata” scrive Marina Terragni nel suo Blog (leiweb.it) e invita chi manifesterà il 13 febbraio “non solo a dire quello che deve finire, ma anche a indicare quello che deve cominciare”. Intanto avanza la candidatura a premier di Rosi Bindi.
“Non ho firmato, non ho partecipato”, dice anche Laura Balbo (sbilanciamoci.info), “non mi va bene” che si assumano le vicende di questi giorni “come una specie di segnale che d’improvviso ci dovrebbe rendere più consapevoli e attive, farne una nostra priorità. Perché dovrei sentirmi più disturbata io di altri (maschi e femmine)?”
Anna Bravo invece si rivolge agli uomini e chiede “come mai la vergogna provata da tanti di voi riguarda l’essere italiani, e non l’essere uomini italiani?” (donnealtri.it). “Finché lo sdegno non si estende a tutti gli aspetti del privilegio e della violenza maschile (…) dovrebbe venire il sospetto che delle donne ci si preoccupi quasi sempre solo quando servono”. Così Lea Melandri nell’inserto de gli ALTRI (28 gennaio) dove un’altra femminista “storica”, Emma Baeri, si chiede “se quando e come, noi, generazione politica femminista, abbiamo avuto parte in questa storia, che ovviamente nasce e cresce anche altrove.”
E’ Manuela Fraire che interpreta il Rubygate alla luce della paura della morte, del “vuoto di senso attorno a cui ruota il potere”: “perché questo declino terribile e tristissimo, poiché rifiutato, temuto, negato, perché ha questo spasmodico bisogno di un corpo femminile per sventare la comparsa del convitato di pietra?”.

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