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relazioni politiche, dal quartiere al mondo

Gestazione per altri: vietare o regolare?

13 Aprile 2023
di Letizia Paolozzi

“Sono una madre, su Cutro ho la coscienza a posto” ha dichiarato in Senato il/la presidente del Consiglio. Potrebbe trattarsi di un modo per svicolare, per non rispondere nel merito di ciò che è avvenuto a Steccato di Cutro il 26 febbraio scorso, oppure bisogna avere fiducia nella madre e per proprietà transitiva in tutte le madri perché dicono sempre la verità?
Figura per anni negletta, guardata con diffidenza dalla seconda ondata del femminismo (almeno fino all’ “Ordine simbolico della madre” di Luisa Muraro) è oggi in primo piano nella discussione tra femministe. Molto ruota intorno al corpo della donna con la sua prerogativa di poter dare alla luce un bambino.
Corpo materno sovranisticamente esaltato dal governo italiano e da altri paesi dell’Est europeo; schiacciato dalle biotecnologie; portato al mercato dai bottegai del neoliberismo; difeso dal femminismo della differenza (da una sua parte, con qualche tono che rischia di evocare la mistica della maternità).
La vicenda del piccolo Enea affidato, non abbandonato! alla Mangiagalli di Milano, il can can perché la mamma ci ripensi, le preghiere affinché torni a prenderlo disegnano la donna che ha messo al mondo un figlio in quanto Donna con la D maiuscola. Perfetta sempre e non anche manchevole, inadeguata come a noi madri capita di essere.
Dunque un pezzo del femminismo, a costo di perdere di vista “l’insieme”, guerra e pace, ricchezza e povertà, agio e bisogno, ha fatto del rifiuto della gestazione per altri (che coinvolge la madre biologica e la funzione materna) l’alfa e l’omega, il principio ordinatore da cui tutto il resto discende.
Certo, le contraddizioni sono tante. Tuttavia il femminismo, se ha tagliato nettamente con la subordinazione al maschile, ha saputo affrontare i nodi che via via si proponevano e ha sempre cercato di sbrogliarli. Ora invece qualcuna segue lo schema brutale applicato dai media per i quali esistono soltanto interlocutori seduti sulle loro certezze. Di qui la polarizzazione della discussione tra le “pro” e le “contro” la gestazione per altri che rende impossibile chiedersi cosa stia accadendo con l’affollarsi di nuove relazioni, di nuovi stili di vita.
Mentre la mia generazione ha conosciuto la separazione della sessualità dalla riproduzione, adesso si verifica la separazione della gravidanza (intesa come relazione biologica e psicologica che si instaura tra madre e feto nel periodo perinatale) dalla maternità, della generazione dalla fecondità. Una pratica che frantuma la preziosità del processo riproduttivo.
Chi condanna la gestazione per altri – detta spregiativamente “utero in affitto” giacché ha a che fare con il mercato e lo scambio economico oltre alle derive che introduce – nega o mette in questione l’esistenza di casi di solidarietà, empatia, dono.
Silvia Motta (su www.libreriadelledonne.it “Gestazione per altri: non tutto quello che si può fare va fatto” 30 marzo 2023) contesta l’esistenza di questi casi: ricordatevi la grande capacità del capitalismo di mobilitare il “non utilitario” al servizio dell’utilitario.
Ha scritto Nancy Fraser che il femminismo “ha finito per diventare alleato (inconsapevole?) del biocapitalismo cognitivo-relazionale perdendo di vista l’aspetto delle diseguaglianze e delle istanze di giustizia sociale”.
Ma gli individui, uomini e donne, sono totalmente riducibili a ancelle del capitalismo contemporaneo, del modello economico-politico-sociale del neoliberismo? È come se chi cerca di capire le cose lo facesse afferrando solo uno dei corni del problema nonostante passioni, desideri, sentimenti, emozioni nutrano le rappresentazioni che del mondo si fanno gli uomini e le donne.
Di questi giorni la notizia, se ho capito bene, dell’attrice produttrice spagnola Ana Obregon, 68 anni, diventata nonna (madre negli Stati Uniti) con il seme congelato del figlio morto a ventisette anni attraverso la partecipazione di una donatrice di ovulo e di una gestante.
Cosa si prova di fronte a questa notizia? Disagio hanno ripetuto in tanti. Per via della vittoria del mercato o perché, appunto, nonostante i limiti si spostino di continuo “non tutto quello che si può fare va fatto”?
Se è giusto ribellarsi all’idea che il corpo della donna sia un semplice contenitore di materiale biologico altrui, guardare alla differenza femminile non significa inchiodarla al sesso biologico, alla possibilità del corpo di procreare, né si può negare ai soggetti coinvolti in questo processo autonomia di giudizio e capacità di decidere sul proprio potere riproduttivo.
Certo, le contraddizioni sono tante. Ma per difendere colei che mette al mondo dallo sfruttamento e colui che ancora non è nato dal trasformarsi in merce non servirebbe qualche regola piuttosto delle proibizioni?
Invece, Fratelli d’Italia sostiene una proposta di legge per rendere la gestazione per altri reato perseguibile in Italia anche se praticata all’estero. Cosa accadrà nei paesi dove questa pratica è lecita, cioè viene considerata legale?
Silvia Motta dice di non essere spaventata dalla “sintonia” che le sue affermazioni possono avere con la destra perché “io parto da considerazioni diverse”.
Al contrario, a me procura apprensione perché questo governo, che aumenta a dismisura le pene per chi imbratta i monumenti e inventa un nuovo reato al giorno, è quello che non si unisce al ricorso della Commissione europea contro la legge dell’Ungheria che discrimina le persone Lgbtqi+. Il bersaglio dei vari input dati dal centrodestra sembrano le coppie omosessuali.
Anche la Lettera aperta di “ArciLesbica nazionale” alla segretaria del Pd, Elly Schlein, firmata da cento femministe, non vuole lasciare il tema della surrogazione di maternità alla destra “che lo distorce per piegarlo alla riaffermazione della famiglia tradizionale”.
Questo succede se si sceglie di vietare per non regolare; scoraggiare per non legittimare; combattere per non incrementare. È accaduto qualcosa di simile quando questo governo ha spiegato che meglio avrebbero fatto i naufraghi di Cutro a non partire dall’Afghanistan e dalla Siria. Ha poi proclamato lo “stato di emergenza” per i troppi sbarchi di stranieri, e minaccia di incrudire ancora le norme contro i migranti…
Bisognerebbe prestare attenzione ai segnali che possono essere forieri di omofobia e discriminazione.
Volete degli esempi?
La circolare del ministero dell’Interno che chiede ai prefetti di invitare i sindaci a non trascrivere più i certificati di nascita ottenuti all’estero in cui viene riconosciuto il genitore biologico e quello non biologico; la risoluzione di una Commissione del senato che ha bocciato una proposta di regolamento europeo che si propone di uniformare le procedure di riconoscimento dei figli.
La ministra della Famiglia Eugenia Roccella ha assicurato di voler colpire il mercato e non gli omosessuali. Ma per colpire il mercato non sarebbe meglio mettere ordine nel caos dei viaggi all’estero, dei divieti aggirati, dell’insicurezza del genitore “intenzionale”, invece di proibire?
In una situazione di interrogativi e dubbi, le troppe sicurezze non aiutano, anzi portano dritte al divieto. La rigidità della norma forse ci tranquillizza, paradossalmente acuendo le convinzioni opposte. Ma non è detto che aiuti la buona vita delle persone che intende disciplinare, e nemmeno la nostra voglia e capacità di conoscere e di comprendere. Di scegliere bene.

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