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relazioni politiche, dal quartiere al mondo

“Il Pos? Oggi è spento”. Politica e populismi

23 Luglio 2022
di Letizia Paolozzi

Non bisogna parlare male dei tassisti. Molti sono bravi e seri. Però. Avete mai sperimentato quel “Preferirei i soldi, è già la quarta corsa che vengo pagato con il bancomat; il mio Pos oggi fa i capricci; deve chiedere al momento della partenza se può pagare con la Carta; non ho il Pos e non lo voglio”. Capita anche il sofferente “Non metto la mascherina perché sono asmatico, se vuole le mostro il certificato medico”. E via con gli arabeschi della fantasia al potere in un taxi solo.
Come che sia, i tassisti sembrano i grandi vincitori, una volta stralciata la norma dal Ddl Concorrenza, di questa crisi di governo e nel conflitto che ha portato al voto anticipato.
Intanto c’è chi legge la situazione sostenendo che il Parlamento ha ribadito la propria sovranità (la società politica contro la società civile, che sarebbe pro Draghi secondo Draghi) e dopo un po’, senza riflettere sulle conseguenze, gli “inaffidabili” si sono ribellati ai tecnici, ai non eletti pur competenti. Capovolgendo il giudizio, i parlamentari (sempre gli “inaffidabili”) sono risaliti sul loro carro di Tespi, rinunciando alle riforme per calcoli di bottega. E ancora, Mario Draghi ha mostrato scarsa dimestichezza con la sfera politica; poteva comportarsi in modo meno aggressivo, meno schietto, meno e ancora meno.
Comunque, dalle faziosità, moralismi, riprovazioni emerge una conseguenza inattesa: garantire ai populismi nuova giovinezza.
Eppure, nei due anni di pandemia abbiamo accettato la vulnerabilità del corpo, messo in questione la logica dei rapporti di forza, strappato l’io dalla sua posizione centrale scansando l’armamentario della “ggente” contro la casta, del debole contro l’ élite, per fare spazio al ritorno dello Stato.
Invece no. In questa estate torniamo a stare insieme sulle spiagge, nei bar, ai concerti dal vivo, dimenticando Google Meet, Zoom, Microsoft Teams, WebEx perché “l’assembramento è bello” ed è bello trovarci, toccarci, abbracciarci, mandare a sbattere il pudore personale, confessarci nelle nostre isole di Wight partecipando alla stessa processione. Non se ne può più delle precauzioni, della mascherina a 40 gradi e di vivere assediati, quasi fossimo nel fortino di Alamo.
Del virus nessuno si preoccupa. D’altronde, se hai fatto tre vaccini e ora sei alla seconda reinfezione con la variante della variante Omicron o ti metti a ingurgitare medicine per l’ansia e così arricchisci l’industria farmaceutica oppure ti giri dall’altra parte.
Dunque, oltre a volgere lo sguardo (mica sono necessari “gli occhi della tigre” di Enrico Letta, copyright Sylvester Stallone in “Rocky III”) sui vari leader e partiti che si arrogano il diritto di rappresentare i senza-potere, c’è da porre mente agli “arrembanti populismi” che, al contrario di Giuliano Ferrara (sul “Foglio” del 22 luglio), non mi pare affatto siano ridimensionati. Anzi, pandemia, guerra in Ucraina, improvvisazione politica gli hanno regalato nuova linfa.

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