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Microcritiche / Caramelle amare in Corea

2 Marzo 2022
di Ghisi Grütter

PEPPERMINT CANDY – Film di Lee Chang-dong. Con Sol Kyung-koo, Moon So-ri, Kim Yeo-jin, Suh Jung, Corea del Sud 1999. Visto in streaming su sito dell’Istituto Culturale Coreano.

L’Istituto Culturale Coreano in Roma tra i suoi eventi inserisce alcune proiezioni di film che si possono seguire anche on line. Tra il 24 e il 25 febbraio l’Istituto ha reso disponibile il film “Peppermint Candy” del regista Lee Chang-dong che, oltre ad essere un regista e uno sceneggiatore, è anche un uomo politico che alla carriera artistica ha affiancato l’attività politica, ricoprendo importanti cariche ministeriali nel governo sudcoreano (Ministro alla Cultura dal 2003 al 2004).
Bakhasatang”, il titolo originale del film, mostra Yong-ho (interpretato magistralmente da Sol Kyung-koo) che sta per suicidarsi, nella primavera del 1999. La località è la stessa dove una ventina di anni prima il protagonista aveva fatto un picnic con il suo primo amore Sunim (interpretata da Moon So-ri). Qui era stato organizzato un raduno di vecchie conoscenze e Yong-ho si era presentato con un aspetto molto trasandato.
Il prologo termina con Kim Young-ho che urla: «Voglio tornare indietro!» mentre sta in piedi davanti a un treno in accelerazione. Quasi ad esaudire il suo desiderio, il regista ci riporta indietro, mostrando vent’anni della sua vita passata. Ne narra alcuni momenti significativi, percorsi a ritroso, per cercare di spiegare le motivazioni del tragico gesto: violenze, soprusi, ma anche attimi di un amore perduto.
La vita dell’ambiente militare, la crisi economica con la conseguente crisi di valori, poco a poco hanno indurito il cuore di Yong-ho che, invece, una volta amava la fotografia e la vita semplice. Segnato da tante esperienze traumatiche (le quali seguono la storia più recente della nazione coreana, dal governo militare dei primi anni Ottanta fino al successivo boom economico seguito dalla crisi finanziaria esplosa al termine degli anni 90) ha finito per vivere come un barbone ladruncolo senza avere più alcuna speranza nei confronti del futuro. Così Lee Chang-dong in questo film sottolinea due temi principali della vita: la morte e la speranza.
Il regista usa la visuale dei binari ferroviari visti dal treno in corsa per articolare il passaggio del tempo e suddividere il film in cinque capitoli e un prologo, in ordine cronologico inverso: nella primavera di pochi giorni prima del tentato suicidio, nell’estate del 1994, nella primavera del 1987, nell’autunno del 1984, nel maggio del 1980, e infine nell’autunno del 1979.
Tra le varie cose fatte del passato, Yong-ho è stato un poliziotto che interrogava brutalmente i dissidenti politici attivi nelle lotte degli anni Ottanta, invece durante un richiamo alle armi d’emergenza (richiama il colpo di stato da cui nacque la dittatura militare) aveva sparato incidentalmente a una ragazza. Poi il percorso a ritroso mostra eventi dolorosi più privati come la crisi con la moglie (entrambi traditi e traditori) e ancora indietro fino ridiventare il giovane timido che sogna la sua Sunim, che è il simbolo del suo ultimo legame con l’integrità e la purezza.
Alcune scene sono di notevole potenza emotiva, come ad esempio la visita di Yong-ho all’amata (assieme al marito) entrata in coma e anche la scena commovente del finale. Il titolo si riferisce alle caramelle alla menta che Sunim produceva in fabbrica e che offriva affettuosamente a Yong-ho. Le inseriva addirittura nella busta delle lettere che gli spediva quando lui faceva il militare.
Peppermint Candy” è stato presentato al Festival di Cannes 2000 nella Sezione Quinzaine des Rélisateurs; è un dramma autentico ben riuscito, confezionato con sobrietà, con un’ottima recitazione e ben strutturato. La fotografia e la colonna sonora sono ben calibrate, non si sovrappongono mai ai personaggi né al racconto e sottolineano lo scorrere della storia e delle sensazioni dei personaggi.
Lee Chang-Dong ha diretto soltanto cinque film oltre a questo in vent’anni di carriera, una media bassa ripagata dalla qualità delle pellicole: “Green Fish” (1997), “Oasis” (2002), “Secret Sunshine” (2007), “Poetry” (2010) e il più recente “Burning” (2018). Spesso Lee Chang-Dong nei suoi film narra la disfatta di un uomo, emblema di un maschile ingenuo e fragile, che si confronta con il cambiamento della società e la dura realtà della vita, così come ha raccontato qui in “Peppermint Candy”, nel suo primo lungometraggio e nel suo ultimo tratto da un racconto breve di Haruki Murakami. Tutti i suoi film hanno una regia essenziale ma notevolmente personale con una poetica che ha varie ragioni per essere apprezzata.

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