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Microcritiche / La verità nascosta di un padre

20 Ottobre 2021
di Ghisi Grütter

A CHIARA – Film di Jonas Carpignano. Con Swamy Rotolo, Grecia Rotolo, Claudio Rotolo, Giorgia Rotolo, Carmela Fumo, Giacinto Fumo, Concetta Grillo, Giuseppina Palumbo, Rosa Caccamo, Italia 2021. Musica di Benh Zeitlin e Dan Romer, fotografia di Tim Curtin.

I critici parlano di “trilogia” di Jonas Carpignano che ha ambientato i suoi lungometraggi nella piana di Gioia Tauro: “Mediterranea” del 2015, “A Ciambra” del 2017 e “A Chiara” del 2021. Le tre opere in effetti sono collegate tra loro da una forte connessione tematica e stilistica, e potrebbero essere considerate quasi un unicum artistico.
Ciò che mi sembra palese tra i tre film è la maturità tecnica crescente, ma si nota anche una certa evoluzione nell’approccio, più orientato socialmente nei primi due film, più intimista in questo terzo, anche se è sempre un “film di formazione”. In un certo senso “A Chiara” può essere considerato il contrario di “A Ciambra” dove Pio Amato, il giovane protagonista, conosce solo lavori illegali mentre qui, Chiara Guerrasio li ignora totalmente.
Nel primo film “Mediterranea” Carpignano aveva raccontato l’odissea di Ayiva, nato e cresciuto in Burkina Faso, che emigrato in Italia con il fratello, si era fermato a vivere in Calabria una decina di anni prima.
Con “A Ciambra” invece il regista aveva fornito uno slice of life su le varie comunità che vivono nella piana di Gioia Tauro, e non solo quella rom, e mostrato una panoramica sui loro problematici rapporti. La storia narrata era quella dell’iniziazione del quattordicenne Pio, i cui modelli di vita erano rappresentati dal nonno (l’unico che rimpiangeva il passato di libertà nomade), dal padre e dal fratello.
Con “A Chiara” Carpignano affronta il crollo del mito di una ragazzina di quindici anni (interpretata da Swamy Rotolo) molto legata al padre (Claudio Rotolo), di cui scopre poco a poco un’altra faccia. La crescita di Chiara coincide dunque con una maturità dolorosa.
L’amato padre, attento e affettuoso con le figlie, descritto quasi timido alla festa del diciottesimo compleanno di Giulia (Grecia Rotolo), la maggiore, scompare a un certo punto e Chiara è costretta ad interrogarsi sulla sua assenza. Il sospetto diventa piano piano certezza. Vuole sapere, chiede alla madre, alla sorella più grande che, abituate al muro dell’omertà, non vogliono parlarle e si mette quindi a cercare da sola, di scoprire la vera ragione della latitanza del padre. Arriverà a sapere che il padre conduce una vita da criminale e che la sua vera attività lavorativa consiste nel traffico di droga al servizio di un boss locale.
Tutte le storie narrate da Carpignano sono cronache di sopravvivenze e sembrerebbe che anche far parte della ‘ndrangheta sia una scelta obbligata. Significativa è la scena in cui Chiara scopre il padre nascosto e si confrontano: da ragazzina sottomessa è passata a un rapporto quasi alla pari.
Jonas Carpignano è nato e cresciuto a New York da madre barbadiana e padre italiano, nipote del regista neorealista Luciano Emmer. Jonas ha deciso di vivere nella piana di Gioia Tauro e di prendere spunto dalle vere vite dei personaggi che vivono in quelle comunità in modo da raccontarle attraverso la cinepresa in spalla. Il desiderio del regista è mostrare una realtà per come viene vissuta dai suoi protagonisti, senza scorciatoie o edulcorazioni. Il suo è una sorta di cinema-verità e non impone mai modelli sul reale anche se in questo ultimo film non ci sono riferimenti specifici.
Il metodo di lavoro di Jonas Carpignano è sempre lo stesso nei vari lungometraggi: prende dei non attori, vive assieme a loro per un periodo e chiede di reinterpretare loro stessi davanti alla cinepresa. La protagonista – Swamy Rotolo alla sua prima esperienza di attrice – è bravissima e anche i personaggi minori dei suoi film sono sempre ben tratteggiati e interpretati.
In “A Chiara” le lunghe riprese ravvicinate mostrano molti rapporti al femminile: quelli tra le sorelle, e quelli tra Chiara e le sue amiche, fatto di piccole stupidaggini e risatine, tipiche delle adolescenti. Il cinema di Carpignano sembra essere molto legato ai principi di “Dogma 95”: l’illuminazione naturale, l’utilizzo sistematico della camera a mano, il sonoro in presa diretta, nessuna concessione al “genere” e né alle emozioni forzate.
Così afferma Jonas Carpignano in un’intervista: «Per me “A Chiara” è molto più un film sulla famiglia di quanto non lo sia sulla mafia. Non c’è dubbio che per numerosi aspetti la cultura mafiosa infiltri la vita quotidiana. Ma non è dominante, come pensa la maggior parte della gente e non assomiglia a quello che vedo spesso nelle fiction. Io, per esempio, non ho mai visto una sparatoria come quelle nei film in 10 anni a Gioia Tauro».
A Chiara” è stato presentato al Festival di Cannes 2021 dove, per la seconda volta, Carpignano ha vinto il premio Europa Cinema Label nella sezione Quinzaine des Réalisateurs.

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