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relazioni politiche, dal quartiere al mondo

“Green pass” e il linguaggio della democrazia

30 Luglio 2021
di Letizia Paolozzi

In un tempo nel quale i parametri scientifici mutano con tanta rapidità sotto i nostri occhi (sui vaccini, sui tempi di copertura, sugli effetti); in un tempo nel quale la paura (di morire, di contagiarsi, di soffrire per il Long Covid) spinge a isolarsi, ad accettare che la libertà si restringa mentre, contemporaneamente, serpeggia la ribellione nei camping, nei ristoranti, nel dopo-feste ad accettare il tampone (la chiamano “omertà da quarantena”), a me non dispiace che si levino delle voci critiche.
Per questo pubblichiamo, qui di seguito, l’appello di Ginevra Bompiani.
Per questo dovrebbe essere benvenuto e non vituperato, il testo di Agamben-Cacciari (pubblicato dall’Istituto Italiano di Studi filosofici). E se mai ci saranno, andranno lette con attenzione le prese di posizione, magari non coincidenti con l’opinione prevalente, risolute comunque a sfidare un consenso troppo vasto per non diffidarne.
D’altra parte, la politica delle donne, nei suoi momenti migliori, è stata questo istillare dei dubbi, ribaltare gli assunti dati per scontati, a costo di una grande solitudine. A costo di rinunciare al riconoscimento sociale.
Oggi a me sembra che ci sia il rischio di affogare in un mare di assertività nel quale chi non si vaccina è un assassino o un suicida mentre nelle manifestazioni la stella di David viene paragonata al Green Pass.
Questa polarizzazione tra pro e contro spinge a un manicheismo del Bene contro il Male. Anche il linguaggio ne risente. Usato come un colpo di frusta (per esempio parlando di “dittatura sanitaria”) comunica ma non convince (se non chi è già convinto).
Così, il premier Mario Draghi, per solito assennato, dice, in polemica non tanto sotterranea con Salvini: “L’appello a non vaccinarsi significa appello a morire”. Saltano i nessi simbolici; scompare l’opera di persuasione senza coartazione.
Qualche giorno fa una signora, intervistata dal Telegiornale durante la manifestazione no vax, giurava di essere vaccinata e con lei i figli ma era lì per opporsi “alle restrizioni” invocando libertà di scelta.
Però con i contagi che ricrescono (siamo alla quarta ondata?), non è semplice rivendicare l’idealismo libertario e tuttavia un governo che da l’impressione ai cittadini di voler andare per le spicce e usare del suo potere rispetto a chi ne ha poco o niente, non ha voglia di cercare altre strade per incoraggiare al vaccino.
Il quale vaccino, attraverso il Green Pass – vincolo mascherato a vaccinarsi – dovrebbe eliminare i dubbi dei boh vax (sul poco tempo di sperimentazione, sugli effetti futuri nel corpo umano, insomma sulla mancanza di certezze) respingendoli in modo duro e intransigente. “O con questo sistema o fuori”. Whatever it takes.
Magari con il licenziamento (proposta della Confindustria di Bonomi), la sospensione dal lavoro, la decurtazione del salario.
Quanto a me, sono per mettere in discussione le regole che mi appaiono sbagliate. Tuttavia, mi sono procurata la certificazione verde perché voglio evitare seccature, difficoltà incongrue, fastidi senza senso.
E’ un paradosso avere un pensiero radicale e un comportamento assennato?
Io ritengo, a differenza di quanto sostiene l’appello, che “la discriminazione” consista piuttosto in un sistema che ha un andamento ondeggiante sui tamponi (la metà di quelli che si facevano a marzo), rinunciatario sui tracciamenti; che teme il riversarsi dei contagiati sugli ospedali (ma quanto sono stati riattrezzati?).
Un sistema che poco ha fatto per mettere le scuole in sicurezza, riparare i tetti degli edifici, eliminare le aule-pollaio. Ora si annunciano altre decine di migliaia di assunzioni di insegnanti. Sarà la volta buona? Quanto al trasporto locale, da settembre avremo i controllori che insieme al biglietto verificheranno il possesso del Green Pass? Non sarebbe meglio intanto evitare alle persone di viaggiare come sardine?
Infine, nella discussione sulla società di controllo e su una “vita degna di essere vissuta” mi interesserebbe che fosse citata la questione dei tre quarti del mondo impossibilitato ad avere accesso ai vaccini. Non mi fido delle esortazioni morali di chi rimuove tutte queste mancanze.
In democrazia, i risultati si ottengono con la persuasione e un vocabolario adeguato. Specialmente quando la politica ammette finalmente di dover affrontare anche dilemmi di natura etica.

L’APPELLO DI GINEVRA BOMPIANI

“CITTADINI/E DI SECONDA CLASSE”

Grazie a un DPCM appena promulgato, una classe di cittadini e cittadine (per lo più giovani) verrà privata di cultura, viaggi e vita sociale, per non essersi assoggettata a un obbligo terapeutico, vietato dalla Costituzione italiana.
Come avviene ogni volta che si istaura un regime dispotico di emergenza e le garanzie costituzionali vengono sospese, il risultato è la discriminazione di una categoria di uomini e donne, che diventano automaticamente cittadini di seconda classe.
A questo mira la creazione del cosiddetto green pass.
Sebbene medici e scienziati sostengano che questi vaccini non hanno goduto di un’adeguata sperimentazione e sono dubbiamente utili e potenzialmente dannosi, coloro che rifiutano di vaccinarsi verranno esclusi dalla vita culturale e sociale del proprio paese. E’ significativo che un uomo politico, riferendosi a coloro che non si vaccinano, senza accorgersi di usare un gergo fascista, abbia detto: “li purgheremo con il green pass”. La “certificazione verde” marchia coloro che ne sono privi di una stella gialla virtuale.
Che cosa diventa un paese al cui interno viene creata una classe discriminata? Come si può accettare di convivere con dei cittadini di seconda classe? Che queste discriminazioni siano sanzionate dalla legge è una barbarie che non possiamo accettare.
Questa discriminazione, per altro, non sembra essere lo scopo principale dell’introduzione della tessera verde, che ha di mira non tanto i cittadini esclusi, quanto la stessa popolazione che ne è munita. La finalità che i governi perseguono è un controllo minuzioso e incondizionato dei cittadini, analogo al passaporto interno che nel regime sovietico ogni cittadino doveva avere per potersi spostare. Il controllo è in questo caso ancora più assoluto, perché riguarda qualsiasi movimento del cittadino, che dovrà esibire il green pass per andare al cinema, assistere a un concerto, visitare un Museo (luoghi difficilmente presi d’assalto)…. Per questo, a protestare e a ribellarsi dovrebbe essere proprio la massa dei tesserati, che d’ora in poi saranno censiti, sorvegliati e controllati. Nel green pass non è in questione la salute, ma il controllo della popolazione e l’instaurazione di un arbitrio autoritario senza precedenti.

Primi firmatari

Diego Fusaro
Giorgio Agamben
Ginevra Bompiani
Jean-Paul Manganaro
Francesca Capelli
Monica Ferrando
Nanni Cagnone
Ivan Crico
Erica Benfatto
Antonio Bonato
Donatella Bisutti
David Riondino
Annalisa Portioli
Sandra Holt
Emanuele Dattilo
Maurizio Quattrocchi
Flavio Cuniberto
Barbara di Gennaro Splendore

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