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relazioni politiche, dal quartiere al mondo

Realtà (per ora) rimosse, e un pesciolino rosso

27 Febbraio 2020
di Letizia Paolozzi

C’è il coronavirus. Eppure, di fronte a questo “inatteso”, emergenza ansiogena tanto densa d’incognite che probabilmente cambierà il nostro metro di misura del mondo, la vita va avanti. Con le sue ingiustizie, conflitti, incertezze. Gli stessi problemi risuonano ma nella disattenzione dei media.
1) Prosegue il massacro delle donne. Da parte degli uomini, dei compagni, mariti, ex amanti, fidanzati. In un lembo della periferia di Sassari, Big Jim (soprannome) accoltella colei che aveva osato denunciarlo smontando la sua convinzione che “le donne le tratto come mi pare”. Niente affatto. Ma si deve morire trafitte tra il petto e l’addome per difendere l’autonomia conquistata?
Riconoscere autorità alla parola femminile non è semplice. Per l’uomo, per il suo rancore, per il suo risentimento. In effetti, secondo la Cassazione che Salvatore Parolisi abbia ucciso Melania Rea con 35 coltellate non è crudeltà ma solo “impeto”.
2) Continua lo svilimento della vecchiaia. La televisione e i media scelgono di rassicurare strombazzando che il SARS-CoV-2 (nome ufficiale del virus che causa la malattia battezzata COVID-19) colpisce e affonda gli anziani: settuagenari per non parlare degli ottuagenari. Ogni sera un annuncio trionfale: “E’ morta una donna di 83, un uomo di 75” quasi che finalmente il castigo di Dio avesse raggiunto “i compromessi” nel corpo acciaccato, quelli con il colesterolo alto, la coxartrosi, l’ipertensione, i quali hanno osato tirare a campare e finora sono sfuggiti ai Cavalieri dell’Apocalisse. Penso di appartenere anch’io a questa strana condizione tra vita e morte e mi è venuto da pensare al film giapponese “La leggenda di Narayama” (Keisuke Kinoshita 1958): metteva in scena vecchi genitori in una regione affamata. Divenuti ormai un peso, erano condotti a finire i loro giorni sul monte Narayama. Però qui non si tratta di bocche da sfamare (certo sì, le pensioni degli anziani…) ma della spietatezza con la quale parlano presidenti di Regione, serie immunologhe, esperti virologi.
3) Si protrae la denigrazione della politica. Abolizione dei vitalizi (già in precedenza aboliti); taglio dei parlamentari. Il segretario del Pd, Nicola Zingaretti, nel rivolgersi ai comitati che hanno sottoscritto il referendum del 29 marzo sul taglio dei parlamentari, ha detto: “Non condivido quel referendum e penso sia stato un errore sottoscriverlo. Rispetto chi lo ha fatto. Abbiamo votato sì alla riforma non perché convinti ma perché era nell’accordo di governo”.
Curioso ragionamento. Per tre volte il Pd aveva votato No alla riforma. D’altronde, il taglio dei parlamentari non riduce i costi della politica (si calcola meno di 500 milioni a legislatura) bensì la rappresentatività (leggere le critiche di Gianfranco Pasquino in materia). Ridurre il numero dei parlamentari senza superare il bicameralismo paritario non migliorerà l’efficienza delle Camere: più che diminuire il numero dei parlamentari bisognerebbe migliorarne la qualità (leggere Sabino Cassese sul Foglio). Cosicché i partiti minori non avranno voce. Si prevedono enormi collegi elettorali, il che allargherà la distanza “fisica” eletto ed elettori. Con soddisfazione di quanti inneggiano alla democrazia diretta e alla piazza? La demagogia dell’antiparlamentarismo come via italiana al populismo.
Comunque, di fronte al virus le zuffe Conte-Lega, Sardine-De Luca, Italia Viva-Pd e le presentazioni, i dibattiti, gli spettacoli teatrali, i cortei mascherati delle scuole materne nel martedì grasso, tutto viene ridotto al silenzio. Sarà rinviato anche il referendum?
4) Procede il ricorso al carcere. Senza nessun interesse per cambiarlo. La decisione della Corte costituzionale sui permessi all’ergastolano è stata contestata violentemente. Di recente, la ministra degli Interni Lamorgese (con il guardasigilli Buonafede) si è prodotta in una nuova norma (arresto immediato, custodia cautelare in carcere) per chi viene beccato due volte a spacciare piccole quantità di sostanze stupefacenti. Questo perché ritrovare lo spacciatore il giorno dopo nello stesso posto “incide sulla demotivazione del personale di polizia” Che il proibizionismo non abbia abbassato il numero elevatissimo di detenuti tossicodipendenti; che circa il 30% di detenuti lo sia per violazione della legge sulla droga; che la custodia cautelare non abbia impedito l’aumento della circolazione di sostanze stupefacenti né scoraggiato l’abbassamento dell’età dei consumatori, non viene preso in alcuna considerazione. Nonostante non rispondano alla richiesta di sicurezza, le campagne repressive hanno molto seguito. Producono consenso. Per questo, si alzano muri; per questo si butta via la chiave del carcere e si sventola la minaccia punitiva. Quanto ai partiti, respirano l’aria del tempo.
In effetti, è stato appena votato il decreto sulle intercettazioni: dilaga l’utilizzo del trojan, che racconterà come parla al telefono, come tossisce, come si muove tra le pareti di casa chi svolge una funzione pubblica, dal medico all’insegnante al vigile urbano. (E chissà se saranno intercettate le guardie zoofile che hanno multato per cento euro un barista a Roma, a causa del pesciolino rosso in boccia di vetro tenuto sul bancone del bar una volta verificata “la presenza di pesce rosso di centimetri etc. in contenitore di vetro di centimetri etc.” La vicenda l’ha raccontato sul Corriere della Sera Valeria Della Valle, linguista e lessicografa.
Insomma, sembra di essere in uno stato d’emergenza permanente, che richiede misure eccezionali, adatte all’uopo. Persino per un pesciolino rosso.
Altri esempi ci sarebbero come le trenta operaie della Piaggio di Pontedera, licenziate dopo quindici anni di precariato, che da oltre due settimane protestano sul tetto del Palazzo Blu.
Il punto è che le donne, gli anni che passano, la politica, la democrazia, la giustizia sono pezzi della realtà che ci circonda. Di una realtà decisa a farsi sentire appena il coronavirus sarà passato, il prima possibile.

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