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Microcritiche / Scontri (e incontri) di classe in una villa inglese

3 Novembre 2019
di Ghisi Grütter

DOWNTON ABBEY – Film di Michael Engler. Con Hugh Boneville, Maggie Smith, Laura Carmichael, Jim Carter, Michelle Dockery, Elizabeth McGovern, Raquel Cassidy, Brendan Coyle, Kevin Doyle, Michael C. Fox, Joanne Froggatt, Matthew Goode, Harry Hadden-Paton, Robert James-Collier, Allen Leech, Phyllis Logan, Sophie McShera, Geraldine James, Simon Jones, UK 2019 –

Se non avete mai visto nessuna delle cinquantadue puntate della omonima serie televisiva britannica andata in onda dal 2010 al 2015, passerete molto del tempo a capire chi è chi. E se oltretutto avete visto “Gosford Park” del 2001, passerete il tempo a pensare al geniale film di Altman. Infatti lo sceneggiatore di quel film, Julian Fellowes, è lo stesso della fortunata serie e di “Downton Abbey”.
Questo è dunque un film corale che presenta la distinzione e i conflitti tra i ricchi, i nobili, e i poveri, la servitù, attraverso la narrazione, nello stesso palazzo, delle vite parallele che non si incontrano mai, o quasi mai, come nel caso dell’ex autista Tom Branson che ha sposato Sybil, una delle figlie del Conte, ma che poi è morta giovane, di parto.
Più che un sequel della stessa serie, il film può essere considerato una sua conclusione. Siamo nel 1927 (un anno e mezzo dopo il finale della serie) e il tema musicale è sempre quella di John Lunn.
La storia è praticamente una lunga giornata nella magione del Conte di Grantham, subito dopo l’arrivo del telegramma che annuncia la venuta della coppia reale, Re Giorgio V e Regina Mary, ospiti per una notte, in visita nello Yorkshire.
Ciò porta scompiglio più nella servitù che nella famiglia Crawley. I preparativi coinvolgono tutto il paesino con pieno entusiasmo dei fornitori, tutti eccitati nel dover servire i propri reali.
Purtroppo si rivelerà una grande delusione quando si saprà che i reali viaggiano con la loro servitù al completo: maggiordomo, governante, cuoco, paggi, tutti; notizia che vanifica ogni sforzo e rende superfluo il lavoro e i servizi della servitù di Downton Abbey. Molta parte del film è dedicata appunto alle scaramucce tra i dipendenti con grande attenzione alle varie gerarchie. Altri siparietti inseriti, invece, riguardano vari rapporti interclassisti o, addirittura omosessuali.
L’ubicazione è fissa e molte sono le inquadrature di stampo televisivo come ad esempio le riprese esterne del castello nel parco (in realtà l’Highclere Castle nel nord dell’Hampshire dei conti Cavarnon). Il regista Michael Engler è lo stesso che ha girato il finale della serie televisiva e che quindi lo rende ancora più coerente.
Il film è una sommatoria di battute dette da attori eccezionali, di cui quelle pronunciate dalla cattivissima Contessa Madre Lady Violet (una sempre strepitosa Maggie Smith) sono molto divertenti come ad esempio: «Io non litigo, spiego».
Sul tramontare dell’aristocrazia Julian Fellowes intreccia le vicende della famiglia nobiliare con quelle della classe popolare che invece inizia a scoprire i suoi diritti, con il sottofondo degli eventi storici come l’indipendenza irlandese, il naufragio del Titanic e la prima guerra mondiale con ironia, romanticismo e qualche dialogo da soap opera, anche se di buon livello.
La serie Downton Abbey aveva già ricevuto importanti riconoscimenti come un Golden Globe e un Emmy, ricevendo anche il record di maggior numero di candidature Emmy per un titolo non statunitense.

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