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Microcritiche / Il padre, il figlio e l’orso

13 Luglio 2017
di Ghisi Grütter

LA PELLE DELL’ORSO – Film di Marco Segato. Con Marco Paolini, Leonardo Mason, Paolo Pierobon, Lucia Mascino, Mirko Artuso, Maria Paiato, del 2016. Sceneggiatura Marco Segato, Marco Paolini ed Enzo Monteleone. Fotografia di Daria D’Antonio e montaggio di Paolo Cottignola e Esmeranda Calabria –

L’opera prima di Marco Paolini risente del taglio documentarista del suo regista. Segato, infatti, è un regista teatrale padovano già autore di documentari.
Tratto dal libro omonimo di Matteo Righetti, di cui il regista ha tagliato delle parti importanti (come la tragedia del Vajont) il film, presentato al concorso Annecy Cinéma Italien del 2016, mi sembra essere un po’ naïf nella sua morale.
Siamo negli anni ’50 nella Val di Zoldo in provincia di Belluno. Un orso chiamato “el Diaòl” (cioè “il diavolo”) creduto morto da anni, si fa vedere nel villaggio e attacca una mucca in una stalla.
Gli abitanti vogliono ingaggiare un tiratore scelto per farlo fuori (la caccia all’orso non era permessa neanche allora), ma si fa avanti Pietro Sieff (il bravo Marco Paolini), un contadino vedovo che vive con il figlio Domenico quattordicenne (Leonardo Mason), che era uscito dalla galera ed è in cerca di riscatto sociale. Così Pietro e Crepaz (Paolo Pierobon), padrone della cava di pietra locale, scommettono la pelle dell’orso: se Pietro gliela porterà riceverà un premio di 600.000 lire (cifra enorme per l’epoca), ma se perde lavorerà gratis in miniera per un anno.
Pietro s’incammina nel bosco con il suo fucile, ma verrà seguito dal figlio e in questa caccia nascerà, finalmente, un rapporto tra loro fatto di silenzi ma di complicità e di reciproci aiuti.
Belle sono le scene in cui Domenico viene sempre più affascinato dalla natura e sembrerebbe perfino instaurare un rapporto speciale con l’orso. Con una bella fotografia e con le splendide e minacciose Dolomiti, La pelle dell’orso rappresenta una notevole durezza dei personaggi e mostra luoghi aspri con una buona suspence e, forse, eccessiva lentezza.
Presentato da Nanni Moretti all’interno della rassegna “Bimbi belli. Esordi nel cinema italiano” – opere prime di regia – La pelle dell’orso è un film atemporale, la cui vicenda è ambientata in una sacca di sottosviluppo lontana dalla civiltà urbana, dove vige il mito dell’uomo “maschio”, di poche parole e forte, che non ha mai paura e affronta a testa alta la natura. Il film è anche la storia del rapporto tra un figlio e suo padre dove il primo deve imparare a conoscere (e amare) il genitore.
Così scrive Federico Gironi in Coming SOON.it «un film… dalla grande dignità, anche nell’errore. Un film felicemente fuori moda, portatore di istanze antiche e tutte da recuperare: quelle dell’attesa, dell’ascolto, di un’avventura e una ricerca lontane dal clamore e dall’attenzione altrui che è prima di tutto quella dentro di sé».

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