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Microcritiche / Un detective e sua madre, a Tokyo

2 Giugno 2017
di Ghisi Grütter

RITRATTO DI FAMIGLIA CON TEMPESTA – Film di Hirokazu Kore’eda. Con Hiroshe Abe, Kirin Kiki, Yôko Maki, Riri Franki, Sôsuke Ikematsu, Satomi Kobayashi, Taiyô Yoahizawa, Isao Hashizume, del 2016 –

After the Storm, titolo internazionale originale, è un film intimista che scava nei rapporti tra i membri di una famiglia giapponese, cresciuti in un appartamento al quarto piano di un edificio in linea a Tokyo, in una zona periferica verde e tranquilla lontana dall’affollato e supertecnologico centro urbano.
Shinosa Ryota (interpretato dal bravo Hiroshe Abe) è uno scrittore che aveva avuto successo con un romanzo autobiografico quindici anni prima, ma che non è più riuscito a scrivere nulla perché, purtroppo, ha lo stesso vizio del padre, giocatore e scommettitore. Il padre è morto da poco e nella casa è rimasta sua madre (interpretata dalla splendida Kirin Kiki), una donna dolce e paziente, ironica e spiritosa, che continua ad amare (e accudire) i figli ormai grandi: la femmina (Satomi Kobayashi) con i suoi due figli va da lei per farsi cucinare, mentre il maschio la va a trovare prevalentemente per carpirle denaro. Ryota lavora in un’agenzia di investigazioni e, ogni tanto, coadiuvato dal suo giovane aiutante (Sôsuke Ikematsu), tira su un po’ di soldi extra, estorcendoli con qualche ricatto. Ha anche una moglie Kyoko (la bellissima Yôko Maki) che ha chiesto e ottenuto il divorzio da lui, e un figlio di cui fatica a passare gli alimenti.
La mia attenta compagna di cinema ha riscontrato, nel mestiere di detective svolto da Ryota, una colta ed esplicita citazione di Truffaut – una delle attività di Antoin Doinel in Baci Rubati del 1968 – che mi sembrerebbe ampliare i meriti del regista.
La storia è tutta qui e non c’è molto da raccontare, piuttosto fissa una slice of life: incontri, gelosie, rimproveri e battibecchi narrati in tempo quasi reale in un lunghissimo giorno qualsiasi, nella casa di famiglia quando sta per arrivare un tifone.
Nei ricordi e nei racconti della madre, Ryota era stato un ragazzino sveglio e bravo a scuola, con un gran talento per la scrittura. La sorella probabilmente ne era stata sempre un po’ gelosa e, svolgendo un ruolo di persona affidabile, si è imposta contro i maschi della famiglia così dissipatori. La mamma ha subìto il marito per cinquant’anni e, come molte donne della sua generazione, ha fatto sempre la moglie e la madre rinunciando alle sue passioni (ad esempio la musica classica), accontentandosi di vivere in quel piccolo appartamento ma sognando una casa unifamiliare tutta per sé. Ryota forse è ancora innamorato dalla moglie. «Gli uomini si accorgono di amare solo quando vengono lasciati» gli dice sua madre, è geloso di Kyoko che cerca di ricostruirsi una vita, e prova anche a riconquistarla nel peggiore dei mondi, con delle maldestre avances dettate più dalla frustrazione che dal desiderio. Nonostante il titolo, dopo la tempesta non avviene nulla, i destini ormai segnati sono ineluttabili.
Hirokazu Kore’eda, già regista di Father and Son del 2013 e di Little Sister del 2014, ancora una volta conferma la sua abilità nel dipingere l’animo umano, i rapporti genitoriali, quelli tra fratelli, e le differenze generazionali, in linea con un certo cinema giapponese – come dimenticare Viaggio a Tokio di Yasujiro Ozu del 1953? Presentato all’edizione 69 di Cannes (l’anno scorso) nella sezione “Un Certain Regard” After the Storm esce solo adesso nelle sale italiane.

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