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relazioni politiche, dal quartiere al mondo

Alla ricerca di una leader?

8 Gennaio 2015
di Bia Sarasini

C’è qual­cosa di nuovo nella sini­stra ita­liana, anzi di antico. La ricerca di un lea­der. Cioè di un uomo, ovvero un essere umano di sesso maschile, che ne guidi le sorti. Anche le ana­lisi più attente a quanto suc­cede nell’ampio spa­zio che si è aperto alla sini­stra del Pd, dopo la rot­tura di Mat­teo Renzi con il sin­da­cato e il mondo del lavoro cul­mi­nata nello scio­pero gene­rale del 12 dicem­bre, si inca­gliano nella denun­cia di un’assenza. In Gre­cia Syriza ha tro­vato Ale­xis Tsi­pras, e in Spa­gna Pode­mos si affida a Pablo Igle­sias Turiòn. Entrambi cari­sma­tici, oltre che «colti, agguer­riti sui temi euro­pei, capaci di farsi capire e con­vin­cere, espo­nendo in pub­blico in modo acces­si­bile temi com­plessi», carat­te­ri­sti­che che Luciano Gal­lino richiede al lea­der ita­liano che non c’è. Tutti sareb­bero più tran­quilli – o pre­oc­cu­pati, dipende dai punti di vista– se, per esem­pio, Mau­ri­zio Lan­dini dicesse con chia­rezza che è pronto ad assu­mersi il ruolo di con­du­ca­tor. E dato che così non è, visto che lui si ostina a dirsi inte­res­sato esclu­si­va­mente al sin­da­cato, e ancora non è ben chiaro cosa vuole fare Pippo Civati, allora tutto sem­bra incoe­rente, fram­men­ta­rio. Come se solo una figura ico­nica garan­tisse delle pos­si­bi­lità di riu­scita di un’idea.

Eppure le lea­der­ship in poli­tica sono un ele­mento impor­tante della costru­zione di oriz­zonti comuni. E lea­der non è solo sino­nimo di popu­li­smo, di totale delega, di venir meno della demo­cra­zia. Solo che i – e tanto più le — lea­der non nascono sotto un cavolo. Anche le per­sone con le carat­te­ri­sti­che indi­vi­duali più adatte pos­sono emer­gere solo all’interno di cul­ture – e soprat­tutto pra­ti­che poli­ti­che – che ne per­met­tano la valo­riz­za­zione. Non parlo della sin­gola figura, fin troppo con­no­tata da ver­ti­ci­smo nella rap­pre­sen­ta­zione cor­rente, mi rife­ri­sco alle lea­der­ship dif­fuse, costruite con atten­zione, cura, per­fino con corsi e semi­nari di pre­pa­ra­zione. E subito si com­prende che è pro­prio que­sto ter­reno pazien­te­mente annaf­fiato che non c’è.

Oggi abbiamo solo scor­cia­toie. Ali­men­tate da inter­net. Che nel finto fac­cia a fac­cia pari­ta­rio dei social e delle mai­ling list fa pen­sare che qua­lun­que mes­sag­gio sia uguale a un altro, che per que­sta via si annul­lino le distanze, che basti il bale­nare di un’idea per­ché diventi realtà, che un clic online è la vera demo­cra­zia, l’azione diretta che salta ogni media­zione. Andreb­bero bene ana­liz­zate le dif­fe­renze tra M5Stelle e Pode­mos, tra un lea­der pater­na­li­sta e popu­li­sta come Grillo, e il pro­getto colto che ha sup­por­tato il movi­mento spa­gnolo, crean­done di fatto la lea­der­ship. Allora, si chiude tutto qui? In fondo, tra il rim­pian­gere il lea­der che non c’è, o denun­ciare la man­canza di semina lun­gi­mi­rante di lea­der­ship dif­fusa, non c’è molto differenza.

Invece un salto è pos­si­bile. Per­ché ci sono le ragazze e i ragazzi, uomini e donne capaci, intel­li­genti, spint* dalla forza oppri­mente del neo­ca­pi­ta­li­smo ad assu­mersi la respon­sa­bi­lità del loro destino.

Per­ché dell’immaginare una sini­stra diversa, che non sia la ripro­po­si­zione di patti tra ceti poli­tici più o meno rin­no­vati, fa parte il pen­sare a una nuova lea­der­ship. Di donne, vero segno di cam­bia­mento. Dicia­molo, la sini­stra fa fatica a rico­no­scere l’autorità fem­mi­nile. La destra neu­tra­lizza la dif­fe­renza che le donne por­tano, ma che acco­glie il loro agire come una delle forme dell’indifferenziata libertà indi­vi­duale. Come una per­fo­mance, che per­mette di assu­mere la veste del «con­tem­po­ra­neo». Alla sini­stra rie­sce più dif­fi­cile, l’idea di ugua­glianza rispetto alla dif­fe­renza delle donne agi­sce più come un vin­colo che come una pos­si­bi­lità. Anche in Europa, le lea­der sono di destra, vedi Marine Le Pen e anche Angela Mer­kel. E poi, a parte ogni con­si­de­ra­zione poli­tica, c’è l’antropologia: gli ita­liani – donne e uomini – potreb­bero mai affi­darsi a una donna, severa o pro­tet­tiva che sia? Non si può dimen­ti­care che auto­rità, e ancor di più cari­sma, hanno a che fare con il corpo. Tsi­pras e Igle­sias sono gio­vani e belli. Cioè ero­tici, cioè desi­de­ra­bili, da donne e uomini. Che, anche esclu­dendo pul­sioni omo­ses­suali, pos­sono iden­ti­fi­carsi con loro. Un dispo­si­tivo che non è facile tra­sfe­rire su figure fem­mi­nili, che da sem­pre sono oggetto del desiderio.

Qual è la strada per un cari­sma fem­mi­nile, anche di lea­der­ship dif­fusa e con­di­visa, cioè non ver­ti­ci­stica, se qua­lun­que discorso pub­blico sulle donne anche poli­ti­che parte sem­pre dalla bel­lezza? Mat­teo Renzi ha scelto di sfi­dare la sini­stra pro­prio su que­sto ter­reno. Un governo pari­ta­rio, tra uomini e donne. Donne scelte con cri­te­rio pater­na­li­stico, donne che riven­di­cano la bel­lezza come una qua­lità poli­tica. La sini­stra, che fin dagli anni Set­tanta ha chiuso i rap­porti poli­tici con i fem­mi­ni­smi, potrebbe ritro­vare ora la strada di nuove alleanze. Sarebbe urgente. Anche per tro­vare nuove leadership.

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