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Quando finisce la cura medica

1 Ottobre 2014
di Ghisi Grütter

funamboli copertinaQuesto piccolo libro costituisce uno sguardo prezioso sul grosso problema di re-integrazione che il paziente psichiatrico deve affrontare nel momento in cui la “cura” è, in un certo senso, terminata. I funamboli è un’interessante volume collettivo – curato dalle sociologhe Donatella Barazzetti e Antonella Cammarota – che ci restituisce attraverso la voce di molti protagonisti, il percorso che il paziente compie una volta terminata la fase della Comunità Terapeutica e inizia il lungo e faticoso percorso di autonomizzazione e di socializzazione.
La Provincia di Roma, mediante un bando “Prevenzione Mille”, ha finanziato un percorso progettuale – “In cammino” e “In cammino 2” da cui nasce il volume – che è iniziato nel 2009 mettendo insieme soggetti pubblici e privati sociali per coadiuvare il paziente nel superamento di tutte quelle difficoltà – soggettive e oggettive – che incontra nella sua riabilitazione. Il progetto è stato portato avanti dall’Associazione “Tininiska Onlus” assieme alla Comunità “Reverie” di Capena. Sono stati condotti tre Laboratori sulla fotografia, sulla scrittura creativa e sull’informatica, i cui esiti sono raccolti nel libro.
L’osservazione è condotta con rigore scientifico ma è anche partecipato emotivamente in quanto una delle due curatrici – Antonella – è anche la madre di un paziente. Quindi, come lei stessa scrive nell’introduzione, di un doloroso evento del proprio privato è riuscita a fare un’occasione di studio, materia di ricerca e di partecipazione sociale e politica.
Secondo lo psichiatra Antonio Maone, intervistato nel libro, per la riuscita del passaggio sono basilari un paio di cose: il coinvolgimento familiare e l’adeguata e costante assistenza sanitaria e domiciliare, perché esiste oggi un conflitto di competenze, anche se le leggi al riguardo non fanno distinzione tra disabilità fisica e psichica.
Chiunque abbia sofferto di una lunga malattia o abbia subito un intervento chirurgico, sa, per esperienza, quanto sia faticosa e delicata la fase di riabilitazione, della cosiddetta convalescenza, che è un processo lungo e discontinuo con alti e bassi, spesso con ricadute. È forse la fase più delicata in cui magari gli amici e parenti non ci vengono più a trovare o ad aiutare perché in qualche modo è passata l’”emergenza”. Così se la malattia è di tipo psicologico o psichiatrico il ri-apprendimento ad affrontare la vita quotidiana, magari senza “protezioni”, talvolta senza più medicine o dipendenze in generale, ci fa provare una grande fragilità. Proprio questo è il passaggio difficile seguito dal progetto “In Cammino 2” e narrato ne I funamboli.
Di estremo interesse è il progetto di cohousing “Le chiavi di casa” che, come si evince dal nome, considera “adulto”, in qualche misura, il paziente dimesso, favorisce la sua emancipazione anche con il reperimento di appartamenti dove andrà ad abitare con uno o altri due, che si sono reciprocamente scelti. Questa scelta è fondamentale perché fa parte del processo di emancipazione ed è proprio la differenza con l’accoglimento nella casa famiglia. Il progetto “Le chiavi di casa” ha al suo attivo 21 successi su 23 casi di indipendenza abitativa, nel senso che solo 2 persone hanno dichiarato di non farcela nel processo di riacquisizione della progressiva autonomia.
Interessante, dal mio punto di vista, è la scelta strategica dei luoghi abitativi dove reperire gli appartamenti. Al di là dal problema non indifferente del costo degli affitti, è preferibile (sempre secondo Maone) una situazione di forte densità abitativa, dove il paziente ha la possibilità di “con-fondersi” e di non viversi troppo la “diversità”.
Mi viene in mente un film che ho appena rivisto in questi giorni “Una giornata particolare” di Ettore Scola con Sophia Loren e Marcello Mastroianni tutto girato in Via XXI Aprile a Roma nelle case di edilizia economica e popolare progettate da Mario De Renzi nel 1931. In effetti, l’alta densità abitativa dello stabile favorisce la promiscuità tra gli abitanti e l’incontro tra l’omosessuale ex annunciatore dell’EIAR e la casalinga insoddisfatta, due “diversi” entrambi vittime del maschilismo del regime. Tante diverse figure che condividono lo stesso habitat.
Il Laboratorio fotografico descritto nel libro – condotto da Emanuela Vincenti ha curato l’aspetto oggettivo/soggettivo delle immagini ponendo l’attenzione sul fatto che una foto «ha in sé un carico enorme di emozioni, sensazioni, storia… la si può immaginare come lo scrigno che allo stesso tempo custodisce e svela mondi interiori, sia di chi l’ha scattata, sia di chi la guarda».
Il Laboratorio di scrittura creativa invece è stato condotto da Maria Ciambella che è anche la responsabile della struttura “La Reverie“ di Capena. Il gruppo diventa un importante strumento comunicativo che «restituisce parola e considerazione ai partecipanti, che consente a molti pazienti, rimasti in silenzio per tanto tempo, di aprirsi».
Nel Laboratorio di Informatica, condotto da Gianpaolo Miele, da un lato si sono introdotti elementi d’informatica di vita quotidiana per il superamento del digital divide – anche qui molta importanza è data alla comunicazione – dall’altro, spunti di riflessione sulle conseguenze che l’informatizzazione ha prodotto nella società e nei nostri rapporti sociali.
Chissà quanti di noi, anche se non affetti da particolari sofferenze psichiatriche, potrebbero essere agevolati dalla partecipazione a questo tipo di lavoro portato avanti nei Laboratori, che stimola il gruppo, aiuta la comunicazione e consolida i rapporti sociali.
Il libro si può comprare nelle botteghe del Commercio Equo e Solidale o richiedere al sito www.altreconomia.it/libri. I ricavi ottenuti della vendita andranno all’Associazione “Tininiska Italia Onlus” – alla quale porgo i miei migliori auguri – con l’obiettivo di proseguire i progetti “In cammino”.

Da leggere:

I FUNAMBOLI.
Lasciare la comunità terapeutica tra difficoltà e speranze.
Altreconomia edizioni, Milano 2014, € 10,00
A cura di Donatella Barazzetti e Antonella Cammarota

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