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In una parola / Analisi

3 Settembre 2014
di Alberto Leiss

imagesPubblicato sul manifesto del 2 settembre 2014 –

Un articolo del Corriere della sera riprende un titolo della tedesca Bild che recita: “Angela Merkel vuole arruolare gli psico-trainer”. Forse al vertice di chi decide in Europa si stanno accorgendo che le cose non vanno poi così bene, e intendono rimediare senza escludere di sottoporsi a qualche seduta di analisi, quella terapia del sé inaugurata da un certo Freud?
I giornalisti naturalmente hanno giocato con questa ipotesi, ma il portavoce del governo tedesco è prontamente intervenuto per chiarire che “non verranno collocati divani in cancelleria”.
Nessuna psicoterapia, dunque, per la signora Merkel. Sembra vero, però, che il governo intenda assumere tre esperti (uno psicologo, un antropologo, e un economista comportamentale, riferiscono le cronache). Ma l’obiettivo non sarebbe verificare la lucidità mentale di chi governa, quanto approntare strumenti più efficaci per “indirizzare positivamente i comportamenti dei cittadini”. Insomma, niente di nuovo: se i cittadini non sono convinti delle buone scelte di chi esercita il potere, ovvio che bisogna tentare l’impossibile per convincerli del contrario, anche agendo nelle pieghe della psicologia individuale e collettiva.
Peccato, perché l’idea di una qualche pratica dell’inconscio tra coloro che governano il mondo in questi tempi critici e bellicosi poteva essere una buona notizia.
Merkel in fondo, tra tutti, appare come una personalità rassicurante, equilibrata. Ha persino dichiarato recentemente che se non è pronta a prendere una decisione non ha alcun imbarazzo a rimandarla (una considerazione da sottoporre al nostro ultraveloce presidente del Consiglio?). Anche la cancelliera, però, non è esente da qualche tic leggermente inquietante. La sua passione incrollabile per l’”austerità” non ha qualcosa di maniacale?
E che dire del presidente russo Putin, il quale a distanza di qualche ora è capace di minacciare che in due settimane potrebbe conquistare Kiev, ma che invece è unicamente preoccupato della incolumità dei civili coinvolti nei combattimenti in Ucraina? Un po’ schizoide?
Oppure gli accenni del neopresidente del Consiglio Europeo Tusk al 1939, con un’allusione che metterebbe sullo stesso piano le aggressioni di Hitler e le odierne provocazioni di Mosca?
Nello scenario della “terza guerra mondiale a pezzetti” evocato da papa Francesco accanto alle tragedie non mancano episodi farseschi. Obama qualche giorno fa ha scandalizzato non solo per aver ammesso di non avere ancora una strategia precisa contro il “Califfato” dell’Isis, ma anche perché indossava un inusuale (per le sedi ufficiali) abito estivo molto chiaro.
“Come puoi dichiarare guerra con quel vestito?”, gli ha scritto contro un noto commentatore. Pronta, anche in questo caso, la replica del portavoce di turno: il Presidente “resta fermo con coraggio sulla propria decisione di indossare il suo completo estivo”.
Apprezzabile ironia del capo dell’Impero nobel per la pace, o forse stanno diventando tutti pazzi?
Resto fermo nell’idea che un po’ di analisi non farebbe male a chi si assume responsabilità tanto rilevanti. Sarà perché ho appena finito di leggere, con colpevole ritardo, certi scritti di Julia Kristeva (L’avvenire di una rivolta , Il melangolo, 2013) in cui il metodo pericoloso inaugurato da Freud è messo in relazione con la possibilità di una ri-nascita, di una ri-volta che matura prima di tutto nella nostra intimità. E che è una precondizione perché si possano vedere, comprendere, e quindi agire i grandi mutamenti fuori di noi.
Insomma: per cambiare verso sul serio non basta un gelato a Palazzo Chigi…

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