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relazioni politiche, dal quartiere al mondo

Camminando sulle ceneri

9 Marzo 2013
di Monica Luongo

Camminando sulle macerie di FARE per Fermare il declino ci si può ancora scottare i piedi. Ho già scritto due volte su questo sito della mia adesione al movimento voluto da Oscar Giannino e altri e finita come ormai tutti sanno. Felice di poter lavorare con un pubblico di donne a me non noto e di riequilibrare la quota rosa, non mi sono mai reputata una ingenua e dunque l’avventura mi aveva preso. Un pubblico folto e variegato, donne e uomini della più diversa provenienza che si sono animati per 10 punti che miravano soprattutto ad assestare le condizioni di squilibrio economico del paese.

Molte/i di noi hanno occupato spazi meno visibili, lavorando sulla parità, la gestione dei tempi della cura e del lavoro, le relazioni tra generazioni e sessi e quando è servito alzare la voce per difendere candidate retrocesse o spostate nelle terribili liste del porcellum. E’ stato proprio divertente. Così divertente – va detto – che siamo stati in molti/e a sottovalutare come affari correnti le fazioni interne (capirai eravamo così pochi….), a sorridere quando molti altri guardavano sondaggi al 4%, pensando vabbè intanto lavoriamo poi il partito crescerà.

E poi ho seguito da un altro paese, dove mi trovavo seguendo altre elezioni, il crollo del cavaliere promotore, il collega esperto che per anni ho ascoltato alla radio e che tuttora stimo professionalmente. La valutazione politica della distruzione di FARE è stata fatta da molti, io ancora devo riprendermi dalla contemplazione sofferta dell’eroe che si è suicidato professionalmente sotto gli occhi di tutti, aiutato “caritatevolmente” (ma molti non la pensano così) dalla mano dell’amico che ha preferito finirlo col suo colpo di sciabola piuttosto che vederlo perire sotto i colpi di estranei nemici.

Uomini. Uso metafore guerresche e medioevali perché di una pugna si è trattata e ora qualche verme ancora si agita sotto le macerie, pensando che a mangiare cadaveri si fa sempre in tempo. A ripulire lo sporco naturalmente è stata chiamata una donna (Silvia Enrico) che a quattro giorni dalla chiusura della campagna elettorale ha messo la sua faccia pulita su quel triste palco a Roma per dire tutto era perduto fuorché…… E poi quella stessa donna, tirata per la giacca, voleva traghettare il movimento verso il congresso e non ci è riuscita perché ha usato le stesse tattiche della politica degli uomini, frazionare il potere creando commissioni e sottocommissioni per accontentare tutti.

Altre erano le donne con incarichi di responsabilità. Molte, come spesso accade, si sono ritirate nel silenzio, altre hanno vestito l’abito della prefica offrendosi di fare da tramite e paciere tra maschi in lotta (ancora per cosa non si è mica capito bene, visto che il marchio del partito è bruciato e ancora si aspetta un bilancio), alcune pensano ancora di potersi candidare per qualcosa e allora seguono l’aggressivo collega di turno.

Quelle altre ancora che hanno creato legami, si tengono idealmente per mano dialogando con gli uomini “della base”. Manca ancora il coraggio e la forza, a molte, di incontrarsi tra donne per raccontarci come abbiamo vissuto questi mesi e la capitolazione dei condottieri. Fare magari un documento per dire: divise nelle idee ma ci siamo ancora, tutte insieme, capaci di parlarci senza fare morti.

D’altronde non tutte abbiamo fatto lo stesso cammino ma questo, l’ho detto all’inizio, è stata forse la storia più bella.

 

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