Reality, film di Matteo Garrone – Tutti i santi giorni, film di Paolo Virzì – Marie Antoinette, film di Sofia Coppola –
L’altra sera ho visto in tv Marie Antoinette, di Sofia Coppola, che mi ero perso. Mentre guardavo i lunghi primi piani delle fantastiche scarpette della lieve e malinconica reginetta mi sono venute in mente le immagini di altri film di questi giorni. I colori dei vestiti, gioielli, calzature, acconciature nelle cerimonie rigide e sfarzose a Versailles e i falsi matrimoni regali nella surreale Las Vegas alla periferia di Napoli dipinta da Garrone. E anche la condizione di isolamento dei buoni sentimenti, delle passioni per la musica e le antichità latine, circondate “tutti i santi giorni” dall’universo cafonal della periferia romana.
La società dello spettacolo è sempre esistita. Irretiva e imprigionava una coppia sovrana troppo giovane per governare in tempi di rivoluzione. E appassiona il popolo delle borgate metropolitane di oggi. Gli intellettuali italiani di sinistra non mi hanno mai convinto nel loro salire in cattedra contro la tv trash di Berlusconi, madre di tutti i mali. Perché un pescivendolo che si arrangia con uno strano traffico di robottini elettrodomestici non dovrebbe sognare il suo quarto d’ora di celebrità? E’ proprio così esecrabile pretendere di andare in una carrozza dorata al proprio matrimonio? Col vestito bianco troppo scollato e un enorme nodo alla cravatta? Non sarà che i reality hanno sopperito all’incapacità di rappresentare i sentimenti del popolo che proprio la cultura di sinistra ha smarrito da tempo?
In questi film molto diversi ho avvertito come un sotterraneo filo comune: un’ansia, un desiderio di cambiamento che non trova la sua strada. Maria Antonietta riesce a imporre al protocollo di portarla all’opera: ha l’unico momento di successo quando trascina all’applauso il pubblico del teatro. La compagna del latinista-portiere di notte messo in scena da Virzì è più inquieta, meno mitemente rassegnata di lui. Compone e canta con delicatezza e sentimento. Ma i coatti dei bar sport non la capiscono. Basterà a consolarla l’happy end matrimoniale?