Anima / Corpo

benessere malessere, la scienza, lo spirito, la vita

Amicizie e amori vanno a nozze?

12 Agosto 2012

Matrimoni per gay, un ossimoro?

Gentile Signora Paolozzi,

ho appena finito di leggere su DeA il suo interessante articolo Viva le nuove famiglie, abbasso il matrimonio” e – come già avvenne alcuni anni fa, al tempo in cui si parlava dei DICO – sento il vivo desiderio di inviarle qualche piccola glossa su questo argomento di grande attualità. Le premetto che sono cattolica osservante, quindi la mia visione del mondo probabilmente divergerà un po’ dalla sua, ma non ritengo che questo sia un ostacolo al nostro dialogo, perché penso che tra persone intellettualmente oneste si possa sempre trovare una base comune. Lei si dichiara contraria al matrimonio, sia omo che eterosessuale; personalmente io non sono né favorevole né contraria. Penso che il matrimonio non sia né un diritto né un dovere, ma un evento della vita, a volte felice a volte no, che può capitare nell’esistenza umana come può non capitare, che si può sia accettare nella propria vita personale che respingere. Infatti oggi molti lo respingono e preferiscono convivere senza legami giuridici di sorta (non intendo entrare nel merito). Ma se capita e se si accetta, penso sia giusto che esso abbia un adeguato riconoscimento umano, sociale e giuridico da parte del mondo di cui facciamo parte, con tutto il corollario di diritti e di doveri, perché quasi sempre dal matrimonio nascono figli, nuovi cittadini e membri della società, e questo lo ha sempre reso degno di attenzione da parte di tutti gli ordinamenti giuridici che, dai tempi più remoti, lo hanno riservato alle coppie eterosessuali. In questa ottica il matrimonio chiesto dai gay non è un vero e proprio ossimoro? In un’epoca che ha svalutato il matrimonio e la famiglia tradizionale, proprio loro vogliono accedere ad essa?

Alcuni, però, non credono nel matrimonio – istituzione così come è stato concepito da millenni in ogni paese e presso ogni civiltà perché si sentirebbero intrappolati in obblighi e costrizioni. A parte il fatto che di obblighi, costrizioni e regole è piena la nostra vita, io rispondo a costoro: benissimo, nessuno vi obbliga a sposarvi, ma perché allora pretendete di avere tutti i vantaggi del matrimonio (pensione, assegni familiari, eredità e così via) senza averne gli inconvenienti? Non è questo un atteggiamento mentale riduttivo e indegno di stima? In ogni sistema giuridico l’assunzione di diritti comporta l’accettazione di doveri e responsabilità e rifiutare questi ultimi non denota egoismo e opportunismo? Anzi: non rivela il segreto (e non certo nobile) proposito di riservarsi una comoda scappatoia, nel caso in cui il legame non funzioni, senza incappare nelle lungaggini e nelle noie del divorzio? Non denota mancanza di fiducia nel partner più facoltoso, e quindi assenza di amore? Senza contare che nessuno impedisce al partner più ricco (sia omo che eterosessuale) di provvedere amorosamente in vita al partner più povero, soprattutto stilando in suo favore un regolare testamento che, nella forma olografa, non presenta alcuna difficoltà, né richiede un’elevata cultura.

Ancora: si obietta, da parte laica, che i legami di affetto tra persone, anche dello stesso sesso, deve avere un riconoscimento da parte della società. Ma allora anche l’amicizia, uno dei più nobili legami umani, esaltato da poeti e da filosofi; anche il legame di stima e affetto che può nascere (poniamo il caso) tra il badante che convive con il suo assistito dovrebbero dar luogo ai diritti in questione (ha visto il film Quasi Amici?).Poveri noi, se lo Stato dovesse sostenere anche questo tipo di rapporti! Saremmo oberati di tasse e gabelle da farci rimpiangere la crisi del 2012! Un’altra lagnanza che si sente più di frequente riguarda l’impossibilità di assistere il partner, sia omo che eterosessuale, ricoverato in ospedale. Anche questa, a mio giudizio, è una scusa che non sta in piedi. Non occorre il riconoscimento delle coppie di fatto o il matrimonio omosessuale per modificare quella che è una semplice prassi amministrativa dei nosocomi. Anzi: io spero proprio che questo divieto venga rimosso, perché sono sicura che avere intorno altre persone che si occupano del malato sia un grosso sollievo per il personale infermieristico già oberato da tanto lavoro.

Tutti dicono che i tempi sono cambiati e che quelle innovazioni ormai sono ammesse ovunque. Ma questa non è una risposta. Che significa? Se tutti rubano, dobbiamo rubare anche noi?

Le ho detto che sono cattolica, ma le mie argomentazioni, come vede, non sono certo di natura confessionale ma solo ispirate al buon senso. Eppure, da parte laica, non ho mai avuto risposte pertinenti e “a tono”. Spero allora di leggere su Dea quella risposta sensata ed esauriente ai miei interrogativi che ho mai avuto, né dai media, né dalle conversazioni con amici.

La ringrazio di avermi letto e spero di non averle fatto perdere troppo tempo. La saluto con grande stima ed amicizia.

Carla D’Agostino Ungaretti

No, un premio solo per eterosessuali..

Gentile lettrice,

anch’io ho visto “Quasi amici”. Il badante senegalese, Driss, e il miliardario Philippe Pozzo di Borgo si annusano, si scontrano e alla fine – giacché si prendono cura, con un patto di alleanza, di solidarietà, di affetto, della loro relazione – riescono a comunicare, pur essendo collocati in alto e in basso nella piramide sociale.

Ora io penso che i patti di solidarietà siano tanti. Dovrebbero portare con sé diritti e doveri. Ma in Italia sono negati a molti/molte. A chi si è recato all’altare vengono riconosciuti dallo Stato. Di qui l’aspirazione di tanti a un’unione istituzionalizzata.

Ricorda la scena dei “Promessi sposi” quando Renzo ha appena pronunciato davanti a don Abbondio “signor curato, in presenza di questi testimoni, quest’è mia moglie” e la poveretta, Lucia, “con quella sua voce tutta tremante, aveva appena potuto proferire : “ e questo…” che Don Abbondio le aveva buttato sgarbatamente il tappeto sulla testa e sul viso, per impedirle di pronunciare intera la formola”?

L’unione istituzionalizzata è una formula che ha subìto profonde rotture. Per secoli affare profano, era destinato a trasmettere il patrimonio e garantire la filiazione. La Chiesa ne farà un sacramento. Trasformazioni, leggi, divieti: con il tempo arriva l’unione civile, il divorzio. Oggi il matrimonio declina. Ma contemporaneamente, in questo Paese, si è trasformato in una sorta di premio per eterosessuali. E solo per loro. Conventio ad excludendum?

Di qui lo scontro linguistico tra matrimonio e unione civile. Di qui la domanda di riconoscimento sociale da parte del mondo omosessuale. La discussione tra me e lei attiene al problema se “i riconoscimenti giuridici” insiti nella relazione di coppia eterosessuale vadano estesi a tutte le coppie (questo io penso) oppure soltanto alle coppie eterosessuali (questo pensa lei).

Poiché a me interessa combattere le ingiustizie (se ne discute anche sulla pagina face book di Fulvia Bandoli) nonché evitare le guerre di religione,  una moratoria sulla cerimonia delle nozze potrebbe aiutarci – tutti e tutte – a sfuggire gli scontri nominalistici dando invece forza simbolica alle nuove e diverse forme di convivenza.

Letizia Paolozzi


 

 

Featuring Recent Posts WordPress Widget development by YD