E così 83 italiani su cento vorrebbero un premier di sesso femminile: lo testimonia una ricerca di Added Value commissionata da Io Donna. I particolari li racconta soddisfatta Marina Terragni sull’ultimo numero: il 78 per cento è favorevole a una presenza paritaria dei due sessi (50/50) negli organismi politici e istituzionali; il 69 per cento preferisce che le donne di governo abbiano tra i 40 e i 50 anni; il 61 per cento ritiene che le donne siano in grado di governare come gli uomini, ma quasi il 30 per cento pensa che farebbero meglio. Ottime notizie, che vogliamo di più?
“Significa che le capacità e le competenze femminili non sono più in discussione, che il Paese è davvero cambiato nel profondo”, dice infatti Ritanna Armeni. Un Paese “che guarda con fiducia e un pizzico di speranza verso la <differenza> femminile” (Cinzia Romano, Il Riformista, 2 ottobre). Ma -(c’è sempre un “ma” in questa materia)- come mai gli intervistati/e si smarriscono di fronte alla richiesta di indicare un nome femminile nel ruolo di premier?
Il 71 per cento dichiara di non averne in mente nessuno. Bindi, Gelmini, Carfagna, Finocchiaro, Santanchè, Bonino godono di buona visibilità (nel caso di Bindi, ottima) eppure vengono scelte da un’esigua minoranza. “E’ come se non se ne percepisse il profilo politico, come se si pensasse che sono poco incisive, scarsamente rilevanti. Che contano poco, insomma” scrive Flavia Perina nel suo commento.
Viviamo certo in un paese pieno di contraddizioni: da una parte siamo la repubblica della “patonza” esibita e raccontata in ogni dove, dall’altra vediamo donne significative che comandano industriali, sindacati e prestigiosi istituti di ricerca. Ma se l’Istat ci manda a casa le domande per il Censimento, precisa, alla voce “lavoro”, che “non devono essere considerate le ore impiegate per lavori casalinghi” (Bruno Gambarotta, La Stampa, 3 ottobre). Come se tra i compilatori del questionario fosse del tutto assente quel “doppio sguardo” di cui parla Terragni.
Strano paese dove non è mai successo (finora) che un leader si sia preoccupato di riconquistare elettrici offese da qualche battuta sgarbata e sessista, come deve fare invece Cameron in Gran Bretagna (vedi Fabio Cavalera sul Corriere della sera, 3 ottobre). Sarebbe meglio allora prendere con le molle quell’ 83 per cento favorevole al premier di sesso femminile (purchè sopra i 40..). La donna a cui pensano forse è un’astrazione, un rifugio simbolico di chi si chiede “se non una donna, chi?” (Cinzia Romano, Il Riformista). Comunque sia un augurio. E un segnale che i partiti dovrebbero prendere in considerazione.