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relazioni politiche, dal quartiere al mondo

Le donne di piazza Tahrir

16 Febbraio 2011
Pubblicato su "Europa" il 16 febbraio 2011
di Franca Fossati

È stata una giovane donna, Asmaa Mahfouz, del Movimento 6 aprile, che il 19 gennaio ha pubblicato sul web, con un video di 4 minuti, l’appello a manifestare che ha mobilitato milioni di egiziani. «Asmaa non ha lanciato una sfida anonima: ci ha messo la faccia, incorniciata dall’hijab islamico» scrive Giovanni Porzio, inviato di Panorama. È una delle poche segnalazioni di protagonismo femminile nella rivolta egiziana sui giornali di questi giorni.
Cecilia Zecchinelli su Io donna della scorsa settimana aveva presentato alcune protagoniste dell’opposizione tunisina, algerina e dello stesso Egitto. E aveva ricordato che proprio in Egitto all’inizio del ventesimo secolo fiorì il femminismo arabo. La storia di Huda Shaarawi che organizzò nel 1919 la Marcia delle donne contro la repressione inglese è sconosciuta da noi.
Comunque anche in piazza Tahrir le donne c’erano, tante, velate o vestite all’occidentale.
Ma i media le hanno ignorate.
Possiamo trovare qualche notizia insieme a foto e video su it.globalvoiceonline.org. La blogger Jenna Krajeski, ad esempio, cerca di spiegare questo così massiccio coinvolgimento delle donne. Una delle ragioni, dice, è stato il carattere non violento della mobilitazione, ripetutamente sollecitato dagli organizzatori.
Anche il reporter americano del Daily Beast, Mike Giglio, osserva che «nonostante in Egitto l’aggressione sessuale ai danni delle donne durante le manifestazioni pubbliche sia cosa comune, questa volta gli uomini si sono comportati in modo più rispettoso ».
Ma cosa succederà adesso? Chi prevarrà nelle prossime elezioni, se e quando ci saranno? Che cosa cambierà per le donne?
Inevitabile puntare gli occhi sui Fratelli musulmani, e non solo per preoccupazioni geo-politiche. Ancora nel 2005, infatti, teorizzavano che né un non-musulmano né una donna avrebbero mai potuto aspirare a guidare l’Egitto (Il Giornale, 10 febbraio). Perché «il Corano è la nostra costituzione».
Secondo lo studioso neo-con Barry Rubin, che cita un recente sondaggio, l’82% dei musulmani egiziani vuole l’adulterio punito con la lapidazione, il taglio delle mani per i ladri, la pena di morte per chi cambia religione (loccidentale.it).
Hassan al- Banna, esponente della Shura, il gruppo dei cento saggi che elabora l’ideologia dei Fratelli musulmani, sostiene però che la mentalità sta cambiando, che vanno promosse l’istruzione e la partecipazione politica delle donne, ma «occorre preservare l’unità familiare a ogni costo». E poiché la libertà individuale è in conflitto con l’unità della famiglia, è la prima che va sacrificata (L’espresso).

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