Merci / Desideri

produrre e consumare tra pubblico e privato

Lavoro, una parola da ripensare

19 Giugno 2010
Pubblicato su "Europa" il 16 giugno 2010
di Franca Fossati

Ha ragione Rossana Rossanda a scrivere che, nelle condizioni attuali, poter dire un “doppio sì”, alla maternità e al lavoro, è privilegio di donne relativamente abbienti: professioniste o imprenditrici Il Manifesto, 30 maggio)? O hanno ragione Lia Cigarini, Giordana Casotto, Lorenza Zanuso a replicare che l’ingresso in massa delle donne nel mercato del lavoro retribuito ha cambiato l’idea stessa di lavoro (Il Manifesto, 10 giugno)?
Oggetto del contendere il numero di Sottosopra, (della Libreria delle donne di Milano, già segnalato in questa rubrica), intitolato “Immagina che il lavoro”, dove si sostiene che il modello di lavoro full-time full-life “non è più sostenibile e va rimesso in discussione per tutti, uomini e donne”. Il tempo pieno, sempre uguale, per tutta la vita, non può più essere considerato il modello cui uniformare lotte e obiettivi. Non solo non è perseguibile, dicono Cigarini, Casotto e Zanuso, ma neppure desiderabile. “Così come non è perseguibile né desiderabile uno sviluppo basato sull’aumento infinito dei consumi”.
Dice Rossanda: ma in questo modo voi difendete la flessibilità imposta dall’economia neoliberista. Rispondono le autrici di Sottosopra: quale flessibilità? Delle persone per il lavoro o del lavoro per le persone? Perché non ragionare su un “welfare a misura di relazioni” e di “lavoro necessario per vivere”? Il dibattito può sembrare astratto e velleitario, mentre crescono licenziamenti e disoccupazione. Ma forse, proprio per questo, sarebbe il momento di avere uno sguardo lungo e osare pensieri nuovi sul lavoro e sul suo significato.
E gli uomini? Interessati anche loro al “doppio sì”, alla paternità e al lavoro? Per obbligarli almeno a un primo piccolo sì, sono stati presentati alla Camera due progetti di legge, uno PD e l’altro PDL, incredibile a dirsi, convergenti. Infatti in entrambi si prevede un congedo obbligatorio retribuito di 4 giorni per il papà alla nascita del figlio/a.
Quattro giorni: una briciola simbolica. Ma attualmente solo il 4% dei padri italiani si avvale del congedo facoltativo (Corriere della sera, 14 giugno). Sarebbe “cosa molto bella, oltre che utile e saggia” scrive Giordano Bruno Guerri su Il Giornale (15 giugno). Di parere opposto Vittorio Feltri che, nelle colonne a fianco, commenta: “Quattro giorni di congedo per fare quattro passi all’ospedale sono troppi per fugare il sospetto si tratti di ossequio a una moda insulsa”. Gli fa eco Il Foglio che reputa il provvedimento “un’ennesima trovata dirigista scovata da due deputate non mamme” (15 giugno).

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