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relazioni politiche, dal quartiere al mondo

Donne in quota

11 Gennaio 2010
di monica luongo

“Parterre des reines” oggi nella sede della Enciclopedia Italiana a Roma, dove Fiorella Kostoris e Emma Bonino hanno presentato la nascita del Comitato Pari o Dispare, che si pone l’obiettivo di raggiungere la parità tra donne e uomini nel lavoro.
L’interesse del pubblico è stato genuino (molti gli uomini, ospite d’onore Giuliano Amato): quale la donna che non è esasperata dalla bassa occupazione femminile in Italia, per non parlare della assenza delle donne da incarichi e cariche di responsabilità? Bene, le signore di Pari o Dispare vogliono battersi per monitorare il mercato del lavoro premiando i virtuosi e bocciando i colpevoli, tenendo d’occhio l’obiettivo strategico della parità di genere così come enunciato nella Direttiva europea 54 del 2006, riguardante l’attuazione del principio delle pari opportunità di trattamento tra uomini e donne in materia di occupazione. E ne hanno ben donde, visto che l’Agenda di Lisbona pone il tetto del 60% come quota di lavoro femminile in Europa mentre noi siamo al 46%, 96esimi al mondo (su 106 paesi) nella classifica degli Stati che offrono alle donne buone opportunità alle donne in materia di economia e lavoro.
Le donne di Pari o Dispare indagheranno negli enti pubblici e privati, nei sindacati e nelle associazioni per premiare e bacchettare, insomma per sostenere la battaglia a favore delle quote lavorative. In più si propongono di indagare (un prossimo incontro è segnalato a Milano) gli stereotipi femminili nei media per denunciarne la cultura sessista (sic) e che, come dice Bonino, “minano la consapevolezza del sé delle ragazze e ci fanno domandare cosa interiorizzano gli uomini di quelle rappresentazioni”. E per iniziare bene offrono un euro di cioccolato a Susanna Cenni, ex assessora toscana che ha promosso la Legge-piano sulla cittadinanza di genere nella sua regione (16/2009), che include – oltre al bilancio di genere, a una banca dati dei saperi femminili – lo stanziamento annuale di 1768 milioni di euro per il raggiungimento di tali scopi. Nello stesso tempo Kostoris ha in borsa del carbone di zucchero, che verrà recapitato al Consiglio del CNEL che promuove solo gli uomini al suo interno, a cui vengono tirate le orecchie attraverso una lettera al Presidente Napolitano, a cui vogliono presentarsi.
Sebbene Bonino e Amato siano due politici di prim’ordine, la presentazione del Comitato (a cui vanno i nostri migliori in bocca al lupo) non sembra lasciare spazio alla parola politica, se non per annunciare che Pari o Dispare vuole essere “sopra le parti”.
A parte il fatto che ogni tanto mi piacerebbe essere di parte in senso positivo, perché magari qualche valore di destra o di sinistra ancora è distinguibile, nessuna delle partecipanti alla presentazione ha manifestato la volontà di interloquire con il mondo politico, perlomeno quello femminile. Cosa significa controllare e monitorare, pure segnalare, se non si cerca di lavorare con le interlocutrici e gli interlocutori che rappresentano la popolazione in parlamento? Il lavoro delle lobby così come è inteso negli Stati Uniti (senza cioè connotazioni per forza negative) serve proprio a questo: promuovere gli interessi di un gruppo presso deputati e senatori. In questo caso il “gruppo” sarebbe quello delle donne.
Non si dimentichi che allo scadere della penultima legislatura con voto corale (maschile) non passò la proposta per le quote nelle liste elettorali. Non si dimentichi (e so che molte non sono d’accordo) che non c’è stata lobby femminile che ha lavorato per tentare un miglioramento nella decisione di prolungare la vita lavorativa delle dipendenti pubbliche, portando a casa almeno qualche punto a favore. E così via.
Nel contenuto svuotato delle nostre vite pubbliche, travolte dalla crisi di ogni sinistra, dalla nullità di programmi e leader, mi piacerebbe poter recuperare un pezzo di quanto guadagnato negli anni di relazioni tra donne e tra donne e uomini: il rapporto con chi mi rappresenta o che pubblicamente è mio avversario. Quella delle quote è una battaglia che non può non passare per il Parlamento.

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